1961, distretto di Gulu, regione settentrionale dell’Uganda: qui inizia la storia d’amore raccontata ieri sera in un dialogo a quattro voci, tra Dominique Corti, Mariapia Bonanate, Francesco Bevilacqua e don Luigi Ciotti per la gremita platea di Molte Fedi Sotto Lo Stesso Cielo presso il Cineteatro Eden di Stezzano.
La storia d’amore di una donna e un uomo, moglie e marito, medici, che hanno scelto di dedicare la propria vita agli altri, fondando quello che oggi è il secondo ospedale ugandese, il St. Mary’s Lacor Hospital, meglio noto come Lacor Hospital, a capo della cui fondazione (Fondazione Onlus Piero e Lucille Corti – in Uganda, per la cura e lo sviluppo, ndr) oggi sta Dominique, figlia di Lucille Teasdale e Piero Corti. La storia d’amore di chi è stato coraggioso e capace di “privilegiare un rapporto di uomini con gli uomini”, come commenta Mariapia Bonanate, giornalista e autrice insieme con Francesco Bevilacqua, del libro “I bambini della notte. Lacor. Una storia vera di guerra e di speranza nell’Africa equatoriale” che questa storia d’amore la racconta.
Possibile, con ogni tonalità e significato con cui si voglia interpretare, è stata la parola chiave attorno a cui si è andato costruendo questo dialogo. Possibile è ciò che ha fatto e tuttora fa la differenza al Lacor Hospital, dove lo stile è quello di offrire “le migliore cure possibili al maggior numero di persone possibile al minor costo possibile”, come raccontato da Dominique.
Possibile, pronunciato, invece, tra lo stupore e il disgusto è la parola ripetutamente usata da don Ciotti, che invita il pubblico, e con lui la società contemporanea a “non limitarsi ad assecondare il corso della storia, ma piuttosto ad assumersi la responsabilità di deviarla quando questa prende una direzione contraria a dignità, giustizia e libertà”. Le parole di don Luigi si intrecciano a quelle del libro e chiedono, urlandolo quasi, come sia possibile rimanere indifferenti di fronte ai drammi che da sempre affliggono la vita dei bambini. Usa nella sua narrazione fonti ufficiali, quelle delle agenzie internazionali, da analizzare con cautela, ma pur sempre un punto d’inizio, secondo cui al mondo 357 milioni di bambini vivono in un’area colpita da un conflitto, conflitti che al momento sono 47, che affliggono principalmente l’Africa Subsahariana e il Medio Oriente, che costringono circa 50.000 bambini ad essere reclutati come combattenti, che privano di un sistema educativo 27 milioni di bambini, che fanno guadagnare all’Italia 14 miliardi di euro per esportazione di armi, pur infrangendo la legge (Legge 185/90, “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, ndr), che producono 1.739 miliardi di dollari a livello mondiale. “Com’è possibile – tuona don Ciotti – dire allora che non ci sono soldi per combattere la povertà? Com’è possibile tacere rispetto a quello che succede nel continente africano?”.
Parole queste che “graffiano e mordono le nostre coscienze” perché per don Luigi, la storia ugandese della guerra civile è la storia della convenienza economica dei conflitti in corso, di fronte alle quali non è più tempo soltanto per indignarsi, quanto piuttosto per provarne disgusto, la risorsa di chi sa vergognarsi per l’incapacità di rispondere, di chi non ignora la realtà, la verità “che ti morde dentro”, ma che cosciente, consapevole e responsabile resiste con i fatti e con la vita, in mezzo alla stanchezza e all’inutilità della parola.
Possibile, infine, anche se raro e forse solo per martiri di carità, come i coniugi Corti, è “scegliere la via difficile, quella suggerita dalla coscienza per sentire la bellezza e la passione di vivere”, assistendo la fragilità altrui e abitandone la vita, imparando a guardarla dal basso, capendo la bellezza di essere tutti uomini sotto lo stesso cielo.