La nuova stagione della Caritas diocesana Bergamasca: «Cambia la testa, non il cuore»

Dopo vent’anni Caritas Diocesana Bergamasca “cambia la testa, non il cuore”, come si legge sulla pagina Facebook. Dopo vent’anni don Claudio Visconti saluta la Caritas e lascia il posto di direttore a don Roberto Trussardi, che abbiamo incontrato.

Come vedi, questa è la mia quotidianità” – così si presenta don Roberto, trafelato, scusandosi per il ritardo, mentre conferma tutte le successive riunioni del pomeriggio. Non serve che gli chieda se e come sia cambiata la sua vita da quando il Vescovo Francesco lo ha scelto per questa carica, perché da solo continua – “Ero consapevole del fatto che Caritas fosse una grande macchina dentro cui si muovono numerosissimi ingranaggi, ma mai avrei immaginato che la mia giornata sarebbe stata scandita da tanti incontri e tante riunioni”. Prima di rispondere alle domande, però, tende a precisare: “Ovviamente, tutto questo è possibile soltanto grazie alla presenza di operatori e volontari che si spendonoper Caritas con la testa e con il cuore. Il direttore serve, ma, di certo, lui da solo non è CaritasBene, ora passiamo alle domande”.

Che cos’ha pensato dopo aver ricevuto la chiamata del Vescovo Francesco?
Mi ha colto completamente di sorpresa. Quando sono diventato sacerdote, immaginavo una vita di comunità, da curato prima e da parroco poi, mai avrei immaginato che sarei stato destinato ad altre cariche”.

Come interpreta la decisione del Vescovo di nominare per la prima volta un parroco come direttore di Caritas?
Credo che questa scelta si inserisca in una visione ad ampio raggio del nostro Vescovo, cioè quella di rafforzare l’aspetto pastorale della Sua Chiesa. Come ogni decisione, anche questa può avere pro e contro. Avrebbe potuto scegliere qualcuno con un profilo più specifico, più professionale rispetto a quello di un parroco, ma mi auguro di poter apprendere tutto quello che sarà necessario per svolgere al meglio questo ruolo che la Chiesa di Bergamo mi assegna”.

Come diceva poco fa, ha sempre conosciuto la Caritas da fuori, ora che ne è parte cosa vede e cosa vorrebbe che la diocesi vedesse?
Ribadisco che il servizio di Caritas per la Diocesi è enorme. E me ne accorgo ancora di più adesso che ne faccio parte anch’io. La povertà richiede che professionisti e volontari che se ne occupano le dedichino del tempo e che ogni povertà, o meglio, ogni povero ha bisogno del proprio tempo. Mi piacerebbe che la Diocesi vedesse questo: il servizio della Chiesa di Bergamo per tutti, senza distinzioni”.  

In cosa Caritas Bergamasca è già forte e in cosa a suo parere, invece, potrebbe migliorare?
La forza di Caritas sta nell’attenzione capillare che dedica alla persona, il mettersi a servizio, il fare in nome del Vangelo, che è, del resto, ciò che la contraddistingue”.

Quali sono, invece, gli aspetti che potrebbero essere potenziati e, quindi, quali le novità a cui Lei sta pensando?
L’unico aspetto che, mi permetto di dire, potrebbe essere migliorato è quello della comunicazione e del lavoro in rete. Quello che vorrei fosse il salto di qualità della nostra Caritas in questo momento è un pensare in grande, che non significa necessariamente fare grandi progetti, ma lavorare ad un continuo miglioramento di quello che già esiste e che potrà essere pensato. Mi piace pensare che Caritas sia sempre più in grado di offrire servizi creati a partire dall’ascolto delle povertà”.  

I tre settori cui Caritas si occupa per la maggiore posso essere sintetizzati in: accoglienza dei richiedenti asilo, fondo famiglia-lavoro e accoglienza dei senza fissa dimora. Come procedono?
Inizio dall’ultimo aspetto, quello dei senza fissa dimora, rispetto al quale sono felice di dire che grazie ad un lavoro di rete con altre realtà territoriali, il 10 novembre verrà aperto nuovamente il dormitorio del Galgario, luogo rappresentativo di un’attenzione necessaria per donare dignità ad una forma di povertà prevalente nella Diocesi. Positivo è anche l’andamento del fondo famiglia-lavoro, dal momento che un minor numero di richieste lascia intravedere una speranza per il futuro. Per quanto riguarda l’accoglienza dei richiedenti asilo, infine, quello che viene chiesto a Caritas in questo momento è superare la fase dell’accoglienza per intraprendere il cammino condiviso dell’integrazione, attraverso la realizzazione di progetti che tengano in considerazione l’unicità della persona e le permettano il raggiungimento di una comunità più coesa e fraterna”.