Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare. L’esperienza di Parole O_stili

Al primo punto del Manifesto della comunicazione non ostile, leggiamo: «Virtuale è reale. Dico o scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona»; e all’ottavo punto: «Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare. Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare». «Il progetto Parole O_Stili è stato avviato nell’estate del 2016 da un gruppo di operatori della comunicazione digitale desiderosi di contrastare gli eccessi verbali e le manifestazioni di intolleranza ricorrenti in molti social network – racconta Fabiana Martini –: abbiamo redatto un “decalogo”, allo scopo di responsabilizzare gli utenti del Web, e sono state approntate delle schede didattiche per le scuole di ogni grado. Questo materiale può essere scaricato gratuitamente dal sito paroleostili.com».

Fabiana Martini è stata vicesindaco di Trieste dal 2011 al 2016 e ha diretto per un decennio il settimanale diocesano Vita Nuova; anche lei prenderà parte nella mattinata di sabato 20 settembre al convegno #ShareRespect. Chiesa 3.0: comunicazione e identità digitali che si terrà a Bergamo Alta in Sala Piatti (troverete il programma completo cliccando qui).

A Bergamo, lei terrà una relazione sul tema Condividere il rispetto: l’esperienza di Parole O_Stili, etica e doveri del giornalista nella comunicazione digitale. I concetti di «etica» e «dovere» rimandano a una dimensione che non dovrebbe dipendere dall’arbitrio soggettivo. Gli Oxford Dictionaries però, nel 2016, hanno scelto post-truth («post-verità») come «parola dell’anno»: non si sta diffondendo l’idea che la comunicazione pubblica serva a definire dei rapporti di potere, più che ad accertare come stiano le cose?

«Credo che oggi davvero si corra il rischio di uno scivolamento nella “post-verità”. Talvolta, anche la stampa e gli altri organi di informazione contribuiscono a rafforzare questa tendenza. Dobbiamo perciò intraprendere un percorso di consapevolezza su molte questioni che attengono alla comunicazione pubblica, alla creazione del consenso, al nostro modo di “stare in rete” (nella duplice accezione del navigare in Internet e dei rapporti personali che intratteniamo con gli altri). Le scuole dovrebbero impegnarsi in questo senso: si tratta di formare gli insegnanti, perché poi sappiano educare i ragazzi a un approccio corretto alla comunicazione digitale. Ritengo che un’attività di questo tipo non possa essere lasciata alla buona volontà dei singoli docenti: bisogna dedicarle delle ore di lezione, all’interno del curricolo scolastico».

Oggigiorno l’opinione pubblica non tende anche a «schematizzare» e a «semplificare»? Si cerca di adottare delle misure psicologiche di salvaguardia, in una società caratterizzata da situazioni e problemi sempre più complessi.

«Di questa volontà di “semplificare” io ho avuto un’esperienza diretta anche come membro di un’amministrazione comunale: la gente spesso ti chiede di sbrogliare all’istante problemi estremamente complicati, che oggettivamente richiedono tempi più lunghi, se si vogliono trovare soluzioni davvero efficaci. Credo, comunque, che non ci si debba rassegnare a questa tendenza. Occorre il coraggio di rendersi anche impopolari al momento, mentre si prospettano percorsi risolutivi più lunghi ma realistici».

Tornando ai diversi canali di comunicazione digitale: come si spiega che tanti gruppi di discussione in Internet grondino livore e odio? È proprio la Rete, per sua natura, a sollecitare gli «istinti animali» di chi la frequenta?

«No, secondo me Internet non cambia necessariamente in peggio chi vi naviga. In fondo, nei social network portiamo quello che già siamo: attualmente, un po’ in tutti gli ambienti di vita stiamo riscontrando con preoccupazione un imbarbarimento dei rapporti interpersonali e del linguaggio. Poi, certamente, la possibilità di mantenere l’anonimato e di chattare mediante una tastiera anziché vedere in volto gli interlocutori spiega perché soprattutto nella Rete si esprimano odi viscerali e pulsioni aggressive. Che cosa fare, in questi casi? Penso che sia utile, per esempio, mantenersi calmi nei confronti di chi sbraita e aggredisce, cercando pacatamente di “spiazzarlo” con argomenti razionali, anziché replicare colpo su colpo. Inoltre – come già ho accennato – per gestire non distruttivamente questi conflitti possono essere utili le indicazioni e gli strumenti offerti dagli esperti di comunicazione di Parole O_Stili».