Dio è Padre, si ripete spesso. Ma è un Padre troppo sdolcinato

Nei giorni scorsi ho sentito più di una volta parlare di Dio come padre. Ma in più di una occasione ne ho sentito parlare in termini così sdolcinati che mi chiedo che cosa sia rimasto della grandezza e della onnipotenza divina. Tu cosa ne pensi? Lucia

Penso che la grandezza e l’onnipotenza di Dio si manifestano nella sua tenerezza, cara Lucia. Non è questione di sdolcinatezza, ma di amore forte, tenace, tenero e insieme autorevole. La sua dolcezza non annulla, quindi, la sua grandezza, ma la rende visibile e credibile. Noi esseri umani troviamo difficoltà a integrare queste due dimensioni, che parrebbero le une la negazione delle altre. Secondo la nostra logica, infatti, la grandezza e la divinità non si accordano con la dolcezza e la tenerezza, men che meno nei confronti di Dio Padre, che se è veramente tale lo deve manifestare nella fortezza, nell’onnipotenza, nella inflessibilità. Ma non è così!

Il Padre ci ama “con viscere materne”

Dio, però, ci ama con la tenerezza non solo di un padre, ma addirittura con viscere materne, gravide essenzialmente di misericordia! Questo è sempre stato il cuore dell’annuncio dei profeti al popolo di Israele:

Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare” (Osea 11, 3-4).

Quanta tenerezza in queste immagini! Quanta cura, quanta dedizione!
E Gesù ce lo mostra molto bene. Non che egli prenda “sottogamba” situazioni serie, dolorose o di peccato: ne sono un esempio le invettive che lancia ai farisei quando li trova chiusi e rigidi nelle loro vedute e nelle loro ipocrisie, e il perdono che all’adultera, rivela chiarezza e determinazione: “E Gesù le disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»” (Gv  7,11).

Le nostre gioie, speranze, delusioni sono le sue

L’Amore che il Padre nutre per ciascuno di noi non è un “pressapochismo”. No! No! Pane al pane, vino al vino – diremmo noi bergamaschi. Ma, Egli ama con tale perfezione, che la nostra sofferenza, la nostra povertà, le nostre gioie, speranze, delusioni, sono le sue. Egli le sente visceralmente e ne partecipa.
Guardiamo, ad esempio, a come si relaziona con i poveri, i malati, gli ultimi della società:

Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose” (Mc 6,34).

Dio si commuove dinanzi alle nostre povertà, alle nostre sofferenze, ai nostri smarrimenti. La nostra debolezza lo tocca ed egli si lascia toccare e persino sporcare dalle nostre miserie. Non ama con la testa, ma con tutta la sua affettività, la sua delicatezza, la sua umanità. Parrebbe un controsenso, ma in Dio non lo è. Solo Lui può amare e amarci così.
Non stanchiamoci, perciò, di guardare e contemplare la sua vita, la sua persona, il suo cuore trafitto e gusteremo anche nella nostra carne un po’ della sua tenerezza. Apriamo il nostro cuore e accogliamolo nella nostra vita: sperimenteremo che egli può amare in noi e attraverso noi compiere cose grandi.
Dio è grande e onnipotente nell’amore, e l’amore è forte nella sua tenerezza, debolezza e fragilità.