La sfida del nuovo Galgario a Bergamo. Condividiamo una notte con chi vive ai margini

I nuovi letti sono 52. Ma c’è molto di più, oltre i numeri. Ci sono le vite, quelle che attorno al Galgario trovano quotidianamente un appiglio, una speranza, un modo per ripartire. Dalle nuove aule, nei nuovi laboratori, potranno ora sorgere le occasioni di riscatto. La sfida, però, è più ampia: «Aprire il centro a tutta la cittadinanza – spiega col cuore Massimo Zanini, operatore storico della struttura -. Non per vedere chi dorme al Galgario, ma per vivere pezzi di giornata e di vita con queste persone. Il conoscersi porta ad abbattere le differenze».

La Caritas diocesana ha inaugurato sabato 10 novembre la nuova struttura di accoglienza ospitata nell’ex convento a pochi passi dal centro cittadino. In quel nastro tagliato si condensa un sogno cullato per anni, ora realtà. Ma la ristrutturazione di uno spazio storico è un punto di ripartenza, una realtà in cammino: altri lavori sono già in programma per sviluppare ulteriori progetti futuri, magari l’housing sociale. «Per liberare i poveri dai “lacci” della strada, come dice Papa Francesco – racconta don Claudio Visconti, fino allo scorso settembre direttore di Caritas Bergamo, oggi a Bruxelles per guidare la Pastorale italiana -. Per Caritas i poveri non sono una delega: c’è un coinvolgimento forte, è il calore del sostegno ai bisognosi». Oggi la sfida la porta avanti don Roberto Trussardi, direttore di Caritas Bergamo, che spalanca le porte ai nuovi ospiti. «I lavori sono iniziati a maggio del 2017 – ha ricordato l’architetto Cesare Carminati, che ha supervisionato il progetto -: il primo lotto è terminato, ora ne seguirà un altro che trasformerà la corte esterna dell’ex convento in una piazzetta». «Oggi le fasce di fragilità si stanno molto allargando – è la sottolineatura di Giacomo Invernizzi, dell’Opera Bonomelli -. La carità si deve coniugare con la giustizia: il Galgario vuole essere un tentativo in questa direzione. Perché qui non si viene solo a mangiare o dormire, ma anche per recuperare cittadinanza». Il Galgario «sta dentro una storia e una rete della nostra comunità», ha aggiunto Giorgio Gori, sindaco di Bergamo (l’immobile è di proprietà del comune): «Qui si lavora per far sì che le persone si rimettano in piedi, è una storia d’incontro tra istituzioni laiche e religiose». Di sinergia, di rapporto virtuoso tra diocesi, Caritas e comune, ha parlato il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi: «Quest’opera ha una ricchezza profonda di significati. La condizione di molte persone oggi è di solitudine connotata dall’abbandono, dalla paura dell’abbandono, dall’esperienza dell’abbandono. Questa non è soltanto una casa, è un’espressione di fede, cioè di fedeltà: noi non vogliamo che una persona possa sentirsi abbandonata». Dal vescovo, un regalo speciale per la nuova struttura: il bozzetto di un’opera – poi mai realizzata – di Trento Longaretti, raffigurante la presentazione di Gesù al Tempio.

Le storie

Gli scalini conducono al piano superiore, affacciato sul chiostro dell’ex convento. Sul corridoio si aprono le camere nuove, i bagni, le docce; sui muri, nei giorni dell’inaugurazione, una mostra racconta la storia di questo luogo. Dalle parole sgorgano sentimenti e frammenti di vita: sono i racconti degli ospiti, degli operatori, dei volontari. «Sono qui dal 1993 – è la storia di Oumar -: all’epoca il Galgario era un centro d’accoglienza, e io un ospite. Ormai sono vent’anni che passo qui tre notti a settimana. Ho visto momenti belli e momenti brutti. Alcuni ex ospiti li ho reincontrati fuori, si erano “sistemati”, avevano una famiglia, dei figli, grazie anche al fatto di avere delle responsabilità. Siamo diventati una famiglia». C’è poi la storia di Hassane, e i ricordi si colorano di malinconia: «È sempre stato qui al Galgario, fin dal primo giorno – si legge in uno dei pannelli della mostra -. Era un tipo timido, riservato, una persona molto dignitosa e composta. Ma aveva problemi con l’alcol: a un certo punto era anche riuscito a liberarsene, e allora come premio era stato assunto dalla cooperativa per occuparsi del tè, insieme ad altri due ospiti. C’è ancora una pianta che era stata messa a dimora da loro: facevano del tè alla menta buonissimo. Poi Hassane è risprofondato nell’alcol, dopo poco è morto. Solo allora, cercando i suoi parenti per fare rimpatriare la salma in Marocco, abbiamo scoperto che aveva un fratello in Francia, un signore molto distinto. Le foto che aveva di Hassane risalivano a parecchio tempo prima. Chi ha chiesto di ringraziare tutte le persone che lo avevano aiutato e accolto in questi anni».

La settimana della povertà

Le storie hanno poi preso voce, musica, vita. Sabato sera, dopo l’inaugurazione del nuovo Galgario, un reading teatrale – «Diari invisibili. Storie di ricordi, sorrisi e desideri», il titolo – curato da Pietro Bailo e Elio Biffi ha messo in scena il diario tenuto dagli operatori del centro, nelle cui pagine si racconta il lavoro, il sentimento, le difficoltà e le soddisfazioni di un’opera quotidiana. La giornata di sabato 10 novembre – la ciliegina: il «buffet povero» che ha seguito l’inaugurazione del dormitorio, con l’assistenza di alcuni richiedenti asilo che frequentano l’«Accademia per l’integrazione» – ha aperto la «Settimana del povero», un calendario di iniziative della Caritas bergamasca che mette al centro il tema dell’incontro tra città e povertà, nel solco dell’invito di Papa Francesco, in programma sino al 18 novembre: la mostra «#IoSonoIlGalgario» sui racconti di operatori e ospiti sarà aperta tutti i giorni dalle 20 alle 22, e domenica 11, sabato 17 e domenica 18 anche dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18; giovedì 15 novembre, alle 19 e alle 21,30, il musicista «street drummer» Dario Rossi darà vita a un concerto con «strumenti poveri»; in programma (su prenotazione a caritas@caritasbergamo.it) ci sono anche le visite guidate al Galgario (l’11 e il 17 novembre) e le «notti del Galgario», mercoledì 14 e venerdì 16, per trascorrere la notte nel dormitorio e conoscere da vicino il mondo delle fragilità.