A proposito di vecchi paramenti. La liturgia e la vita

Ho assistito, in una sagrestia, a questa scenetta. Il prete dice al sagrestano: Ma perché mi hai preparato la pianeta? Il sagrestano: Ne abbiamo tante. Ci piace fare una parata di antichità. Il prete: Questo è il guaio: che la liturgia diventa una parata di antichità. Per la cronaca, il prete non ha fatto storie e ha indossato la sua brava pianeta. Ma era un po’ scocciato. Che cosa pensi della “parata di antichità”? A me pare che i paramenti “dicono” senza dire. Se io fossi prete non metterei mai le vecchie pianete: sono un implicito invito a far coincidere la liturgia bella con la liturgia vecchia. Lauretta

Cara Lauretta, la “scenetta” che tu descrivi, racconta le diverse sensibilità e anime liturgiche presenti all’interno Chiesa. Si assiste a un ritorno di uno stile, come tu dici, di “forme antiche”, rispetto a una modalità più semplice e vicina alla gente. Anche i paramenti liturgici esprimono questa visione.

L’arte liturgica e la sua nobile storia

Le pianete stanno ritornando di moda, tolte dai cassetti dove erano state relegate perché considerate forse troppo “pompose” per uno stile liturgico più semplice nato dopo il Concilio. Esse sono capolavori d’arte, frutto di un lavoro paziente di mani che hanno ricamato i tessuti accompagnando la professionalità con la preghiera, lavori preziosi compiuti da alcune comunità monastiche a servizio dell’arte liturgica, che esprimono bellezza e raffinatezza. Le pianete, come anche gli arredi liturgici, narrano una tradizione all’interno della Chiesa, una trasmissione di una fede celebrata, che non può essere cancellata, ma può essere accompagnata da una innovazione, da stili diversi più vicini alle differenti sensibilità liturgiche.

La semplicità degli stili celebrativi, delle liturgie, (che non è mai opera d’uomo, ma di Dio, e pertanto lo stile personale è un concetto relativo), non deve essere in antitesi alla tradizione, ma al recupero della stessa. Nella pluralità e nel rispetto delle sensibilità, non vedo positivo un ritorno nostalgico a modelli del passato, a modalità pre-conciliari che tolgono dalle sagrestie oggetti liturgici obsoleti che non sono in sintonia con il cammino della Chiesa, che dicono un modo di essere Chiesa e che la rendono lontana dalla gente semplice. Forse per questo il prete si è mostrato un po’ scocciato nei confronti del sacrestano dichiarando chiaramente il suo pensiero e la sua sensibilità.

La semplicità e la bellezza della liturgia

Come tu dici, i paramenti dicono molto più di quello che appare a uno sguardo superficiale, perché esprimono una modalità di celebrare, ma ancor più di credere e di essere Chiesa. La semplicità non è sciattezza, ma può avere i tratti della bellezza, della dignità e dare un messaggio di sobrietà e decoro come si conviene a tutto ciò che riguarda la celebrazioni.

Non si spreca nulla se diamo onore a ciò che riguarda la divina liturgia e continuiamo a compiere la bella azione che compì quella donna in onore di Gesù, “sprecando” unguento prezioso sul suo corpo, riconoscendogli la regalità che gli è dovuta.

Dalla liturgia alla vita

Ma poi, a questa azione, deve seguire una vita che diviene liturgia, offerta e sacrificio sull’altare della quotidianità, perché non ci sia separazione tra ciò che viviamo in Chiesa, rivestito di bellezza e santità, e ciò che testimoniamo nella vita. La liturgia, nei suoi riti e nei suoi accessori, deve parlare all’uomo di oggi, educare a un sentire credente, a una vita di fede incarnata che sia manifestazione di Dio e che avvicini a lui. Ciò che ci deve stare a cuore è la celebrazione dei misteri di Dio e l’annuncio gioioso del Vangelo, e tutto deve essere orientato a questo, senza arroccarci alle forme che passano: solo Dio resta!