Dopo Corinaldo. Le discoteche e “la preghiera del venerdì e del sabato sera”

In molti, a seguito di quanto accaduto la scorsa settimana presso la discoteca di Corinaldo, in provincia di Ancona, stanno esprimendo il loro parere in trasmissioni televisive, su articoli di testate giornalistiche, sui post delle pagine personali sui social networks.

Lo spunto per la mia riflessione è questo tragico evento, ma io non parlerò di quello. In merito, mi limito ad affermare che ora si deve pregare per le vittime, poi toccherà alla magistratura accertare le responsabilità dell’accaduto. Con qualcuno ho espresso la mia perplessità sul cantante e quanto proponeva, ma non ho legato, ovviamente, le sue idee a quanto accaduto. Non è colpa del cantante se avviene quello che è avvenuto: al suo posto poteva esserci qualunque altro artista.

I ragazzi, l’oratorio, le discoteche

A me interessa raccontare di quella che chiamo, con i ragazzi e le loro famiglie, “la preghiera del don il venerdì e il sabato sera”. Essendo curato di Oratorio, sono molto a contatto con chi frequenta le discoteche: sono i miei ragazzi.

Peraltro, sul territorio delle mie parrocchie è presente una discoteca molto frequentata, le cui luci si vedono a lunga distanza e il vedere quelle quando passo nei paraggi di venerdì o sabato mi ispira la suddetta preghiera.

Chi mi conosce sa che teorizzo un voler bene e una cura che non ha limiti spazio-temporali. Il concetto per il quale a me competerebbe di prendermi cura dei ragazzi finché sono nel perimetro dell’Oratorio o impegnati nelle attività che proponiamo, poi “fuori dal cancello facciano ciò che vogliono”, lo respingo con forza. Certo, a livello di responsabilità, così come a livello di autorevolezza del mio intervento, il fatto che un episodio avvenga laddove io sono responsabile di ciò che accade o meno cambia le cose.

Ma solo legalmente, non umanamente. Io mi preoccupo di ciò che i miei ragazzi fanno anche in quei momenti e luoghi sui quali possono tranquillamente dirmi: “Don, non ho fatto niente in Oratorio. Su questo fatti gli affari tuoi!”. Frase già sentita, sia dai ragazzi che dai genitori che avevo avvisato di episodi spiacevoli cercando alleanza educativa per il bene dei figli.

Del buon uso della libertà

Il venerdì sera e il sabato sera molti dei miei ragazzi vanno in discoteca. Non ho nulla, come ripeto stesso ai ragazzi, contro quei luoghi di divertimento, come non ho nulla contro i bar e lo stesso stadio che, le poche volte che posso, da tifoso appassionato, frequento anch’io. Se si va per divertirsi e con la testa sulle spalle, non ci sono problemi. Occorre però sapere che la libertà può anche essere usata male. Occorre avere la consapevolezza che non è divertimento bere fino a non capire più nulla e vomitare sorretti dagli “amici”, che usare il corpo dell’ altro o dell’altra per puro piacere carnale non è umano e non va considerato “grande” chi trasgredisce di più.

Non sono per la pedagogia della proibizione, che fa solo danni, ma dell’educazione al senso. Si può andare nei luoghi di divertimento, ma restando persone che sanno quello che fanno e rispettano se stesse e gli altri. Tante volte questo non succede.

La mia preghiera del venerdì-sabato sera

E il don che fa? In discoteca a controllare non vado: non ci vado neanche a ballare, perché quelli non sono posti per me, perché non mi piacciono molto i luoghi con musica ad alto volume. Preferisco una chiacchierata in un bar con qualche giovane o una partita allo stadio. Però non posso non pensare ai  miei ragazzi che alcune notti sono là. Da qui scaturisce la mia preghiera: “Signore, io ho fatto quello che ho potuto, ho cercato di far maturare in loro la capacità di dare senso a ciò che fanno. Ora, veglia tu su di loro.”