La Polonia ricorda Pawel Adomowicz, sindaco di Danzica, assassinato in piazza

Danzica, principale porto polacco sul Baltico, città in cui negli anni ’80 presero avvio i grandi scioperi operai indetti da Solidarnosc, piange la morte del suo sindaco, il cinquantatreenne Pawel Adomowicz, accoltellato durante un evento pubblico. Figura di riferimento dell’opposizione liberale, strenuo promotore di politiche di accoglienza e apertura, era primo cittadino dal 1998, eletto nel 2018 con il 65% dei voti per il sesto mandato consecutivo. È stato ferito a morte, sul palco di un evento benefico, la sera di domenica 13 gennaio, spirando poi il giorno successivo. L’aggressore si chiama Stefan: uno squilibrato ventisettenne, appena scarcerato dopo oltre cinque anni di galera per rapina a mano armata: accusava il partito Piattaforma Civica, in cui precedentemente militò lo stesso Adamowicz, di averlo torturato con una prigionia ingiusta.

Pawel si definiva europeo, per natura aperto, e invitava i migranti a venire nella sua Danzica. In quella città che, in quanto porto, avrebbe sempre dovuto essere, secondo il sindaco, rifugio per chi arriva dal mare. Impegnato attivamente sin da giovane, ai tempi del liceo si unì a Solidarnosc, il primo sindacato libero del blocco comunista, partecipando alla distribuzione di volantini e stampa clandestina. Poi gli studi in giurisprudenza all’Università di Danzica, dove è stato anche eminente membro del movimento studentesco. Negli anni successivi al crollo del regime, durante la febbrile e macchinosa transizione verso la democrazia, mosse i primi passi politici, sempre su posizioni liberali. La sua amministrazione è stata segnata dalla tolleranza e dall’attenzione nei confronti dei diritti delle minoranze, tanto che nel 2018, ha fornito il patrocinio onorario per il quarto gay pride di Danzica, a cui ha personalmente partecipato.

I suoi concittadini, appresa l’irrimediabile notizia della morte, sono scesi in piazza, con una fiaccolata, per tributarlo. Per salutare, un’ ultima volta, quel simbolo di liberalità che era Pawel, in una Polonia politicamente lacerata da quando, nel 2015, sono tornati al potere i nazionalpopulisti di Kaczynski, isolando il paese sulla scena internazionale.