Valorizzazione del singolo. Anche nella Chiesa?

Uno dei concetti chiave delle aziende di oggi prende il nome di “valorizzazione del personale”. Il principio è abbastanza semplice: se una persona è valorizzata in quello che fa, sentendosi meglio, rende di più, con beneficio di tutti. Questa attenzione, oggi sempre più presente, affonda le sue radici nella psicologia, che insiste sulla valorizzazione del singolo. Si tratta, in poche parole, di non partire da ciò che una persona non sa fare, ma, al contrario, di valorizzarla per quanto sa fare meglio.

A scuola si parla più di quello che un alunno non sa fare

Sembra facile, eppure, ad esempio, come ben ha esplicitato il dottor Davide Pagnoncelli, psicologo dell’Opera Sant’Alessandro che sta proponendo la formazione ai genitori dei preadolescenti e adolescenti nella mia parrocchia, la scuola su questo fa fatica. È quasi normale, purtroppo, che, nel colloquio con un docente, quest’ultimo insista su quanto l’alunno non fa, non sa fare, non vuole fare, piuttosto che sugli aspetti positivi, che non mancano nemmeno nei più indisciplinati. Lo stesso vale nei consigli di classe: a volte i genitori escono a capo chino, perché non si è ascoltata nemmeno una buona notizia sul gruppo-classe dei figli. Non si tratta, ovviamente, di negare l’esistenza dei problemi, ma di provare a risolverli a partire dal buono che c’è, fosse anche in minima percentuale.

Nella Chiesa spesso preti e laici non sono valorizzati per quello che sono capaci di fare

In questi giorni, per vari motivi, mi sto domandando con insistenza e un bel po’di inquietudine: come va, su questo, nella Chiesa? Io valorizzo i miei volontari tenendo conto delle loro specificità? E i preti, sono valorizzati per ciò che sono a livello di carattere, di attitudini, di capacità, di passioni? Mi vesto da portiere e paro subito un siluro da fuori area: “Nella Chiesa si fa quello che serve, non quello che piace!”.

Vero, verissimo, tuttavia, c’è un “però”! E questo “però” è dato dal fatto che di fronte ho delle persone, non delle pedine del Risiko. Certo, io in Oratorio posso chiedere a una persona valida e preparata sull’aspetto formativo di fare le pulizie, perché è quello che serve, ma se insieme a questo, almeno in qualche occasione, non permetto a questa persona di fare ciò che ama fare e sa fare meglio, non posso lamentarmi se, seppur con gentilezza, prende le distanze. Forse si tratta solo di avere un po’di sensibilità.

Cristiano Ronaldo non fa il portiere

Se chiedo a Cristiano Ronaldo di giocare in porta, non posso lamentarmi se va in tensione e subisce gol a raffica, così come se metto Palomino in attacco non posso chiedergli di diventare capocannoniere. Nel mio piccolo, da semplice curato di Oratorio che vale come il due di bastoni quando la briscola è coppe,  cerco di collocare le persone laddove possono dare il massimo: non riesco a dar loro proprio quello che chiedono? Cerco almeno di far sì che, in qualche momento, possano avere una “valvola di sfogo”, impiegandoli nel settore che a loro piace di più. Perché qui non si tratta di gentile concessione, ma di rispetto per ciò che la persona è. E questo, mi sembra, stava a cuore anche al Signore.