“È finita la pacchia!”. Arbitrarietà, insulti ed illegittimità nella Bergamo d’oggi

Prosegue la nostra collaborazione con il blog “LeggeròLeggero. Appunti di cooperazione internazionale” nato dall’iniziativa di un gruppo di studenti dell’Università di Bergamo. Il blog raccoglie esperienze, commenti, spunti di approfondimento, per offrire idee e aprire orizzonti. Seguiremo il ritmo delle loro riflessioni pubblicando un articolo alla settimana nella nostra rubrica dedicata ai giovani. Se questa iniziativa vi sembra interessante, continuate a seguirci e passate parola. Il blog è un progetto aperto che aspetta contributi sempre nuovi.

 

“È finita la pacchia!”. Arbitrarietà, insulti ed illegittimità nella Bergamo del 2018.

A cura di Alessandra Cominetti

 

“E’ finita la pacchia!“.

Questa frase ce la sentiamo ripetere di continuo: dai media, sui social, spesso anche quando siamo in fila alle poste e, ovviamente, da chi ci governa.
E’ una frase rivolta ai migranti, ma anche a tutti coloro che ogni giorno lavorano nell’accoglienza (…che poi, di quale pacchia si parli io ancora non l’ho ben capito).
Chi lavora nell’accoglienza è, di solito, laureato, magari anche con un master o due, ha spesso contratti di lavoro precari e, come se non bastasse, lavora abitualmente “fuori orario”, difficilmente può spegnere il telefonino. Della questione stipendi meglio non parlarne nemmeno, c’è chi è più fortunato e chi meno, ma, in ogni caso, gli operatori, le persone sottoposte ad un altissimo carico di lavoro e ad un forte stress emotivo, non navigano mai nell’oro.
Nonostante tutte queste premesse, si continua a lavorare in questo settore, non certo per arricchirsi, come sostiene qualcuno, ma per un reale desiderio di tutelare la dignità delle persone e di difenderne i diritti.

Veniamo ora alla “pacchia” dei migranti. La “pacchia” vera.
Basterebbe dare un’occhiata alle notizie degli ultimi giorni per rendersi conto che la pacchia di cui tanto si parla non esiste proprio.
A Tortona un ragazzo di venticinque anni si è tolto la vita quando ha capito che non avrebbe mai potuto avere un permesso di soggiorno.
Una studentessa di origini africane è stata picchiata da un italiano; la dinamica non è ancora chiara, ma ciò che è chiaro è che non si tratta esattamente di una pacchia.
Una signora musulmana è stata insultata pesantemente da un’anziana, probabilmente per il fatto di essere salita sull’autobus con un passeggino (che, tra l’altro, si apprestava a chiudere).
Anche noi, lavoratori dell’accoglienza, nel nostro piccolo, assistiamo ogni giorno a discriminazioni, insulti e a tantissima sofferenza.

In fila al supermercato litigo con una signora di mezz’età perché, senza alcun motivo, insulta con termini molto pesanti una signora curda (e velata) di fronte ai suoi bambini. Come finisce? Vengo insultata pure io.
Controllori di autobus che verificano i documenti di viaggio ai soli passeggeri stranieri.
Autisti che addirittura non fanno salire sui mezzi “aspiranti passeggeri” con la pelle più scura degli altri.
Poliziotti che, controllando i documenti di soggiorno, pretendono di scattare fotografie agli stranieri, anche se perfettamente in regola con i permessi.
Perquisizioni arbitrarie e trasferimento in caserma di persone in possesso dei documenti. Certo, poi li rilasciano, ma l’umiliazione? La paura?
Djiby, che il 20 ottobre 2018 si getta sotto un treno a Bergamo e muore. La paura di andare in commissione e ricevere un rigetto, l’ha fatto impazzire.
Questi sono solo alcuni esempi di ciò a cui assistiamo ogni giorno, impotenti e spaventati.
Purtroppo chi dovrebbe proteggerci spesso si trova a lavorare all’interno di un sistema che funziona in base a circolari e ordinanze, un sistema in cui la legge passa in secondo piano. Per questo motivo assistiamo ad abusi di diverso tipo e a provvedimenti del tutto illegittimi.

Proprio qualche giorno fa, a Bergamo, gli operatori di un CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria), si sono ritrovati ad assistere, impotenti, ad un episodio che ha dell’incredibile, data la sua arbitrarietà e illegittimità.
O.O.A., già diniegato dalla Commissione Territoriale che giudica sulla sua domanda d’asilo, riceve il rigetto per il ricorso in primo grado e, contestualmente, la revoca delle misure di accoglienza. Proprio per la notifica di tale revoca viene accompagnato presso la stazione dei Carabinieri.

Insieme alla revoca delle misure di accoglienza viene notificato al sig. O.O.A. anche un decreto di espulsione dal territorio italiano. Per questo motivo viene quindi accompagnato in Questura, dove gli viene ritirato il permesso di soggiorno, viene perquisito e gli viene comunicato l’immediato trasferimento al Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR) di Bari.

Particolare non da poco: il richiedente era ancora nei termini per il deposito del ricorso in Cassazione e aveva dimostrato interesse nella ricerca di un avvocato che seguisse il suo caso, quindi la consegna del decreto di espulsione e il trasferimento coatto al CPR risultano atti illegittimi.

Questi eventi, inaspettati e inspiegabili per lui e per gli operatori, lo hanno gettato nella disperazione.
Secondo la Questura, però, il DL 13/2017 (il c.d. “Decreto Minniti”), prevede che il richiedente che riceva un rigetto in primo grado diventi automaticamente irregolare sul territorio italiano. Per questo motivo, la stessa invia una richiesta ai centri di rimpatrio e, qualora ci fosse un posto disponibile, la persona viene immediatamente trasferita presso il CPR.
Il parere di alcuni avvocati dell’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), contattati proprio riguardo alla questione, è un po’ diverso: seppur la sentenza in primo grado sia immediatamente esecutiva, il richiedente deve essere messo in condizione di produrre ricorso in Cassazione nel termine di trenta giorni dalla notifica del rigetto, unico modo per presentare al tribunale competente la richiesta di sospensione dell’esecutività del provvedimento.
O.O.A. si trova ora nel CPR di Bari, ma presenterà comunque ricorso al giudice di pace per il decreto di espulsione, per il trattenimento nel CPR e ricorso in cassazione.
Nell’attesa che i giudici emettano una decisione definitiva circa la sua condizione, O.O.A. rischia di essere trattenuto in condizioni precarie presso il CPR fino a 180 giorni, termine massimo per la detenzione amministrativa previsto dal recente decreto sicurezza.

Senza considerare il peggioramento delle condizioni e il restringimento dei diritti causati dai DL 13/2017 e DL 113/2018 (il c.d. “Decreto Salvini”), il vero interrogativo che dovremmo porci riguarda l’estrema incertezza in cui si vive e si lavora, il fatto che in base ai “posti disponibili” in un CPR c’è chi viene recluso e chi no.

La legge e le condizioni di applicazione della stessa non possono essere una questione di fortuna.

Purtroppo in Italia, soprattutto nel campo dell’immigrazione, è sempre stato così e si peggiora di giorno in giorno.
Non dimentichiamo però che l’applicazione di politiche arbitrarie sui più deboli non può che essere un campo di prova per poi allargare l’arbitrarietà a tutta la popolazione.
Questo episodio, uno dei tanti a cui siamo obbligati ad assistere, dimostra che la “pacchia” di cui tanto si parla non è proprio come viene dipinta.
Viviamo in un clima di incertezza, molti migranti hanno paura perché l’arbitrarietà è molto peggio della severità prevista per legge. E noi operatori osserviamo, impotenti, ma molto, molto arrabbiati.

Pochi minuti prima della pubblicazione dell’articolo, ci giunge notizia che O.O.A. è stato rilasciato per illegittimità del trattenimento.

Cosa succede invece a chi non riesce a contattare per tempo un avvocato? A chi non è aiutato da operatori dell’accoglienza?

La legge è davvero uguale per tutti?

 

 

Ringrazio Doina Bruno, Davide Manzoni e Veronica Zucchinali per il prezioso aiuto fornito per la stesura di questo articolo.

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/02/17/17G00026/sg
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/10/04/18G00140/SG
www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Permesso-di-soggiorno-negato-25enne-nigeriano-si-suicida-sotto-un-treno-a-Tortona-Funerali-domani-a-Genova-28ad1ef2-f980-4091-a87f-4b0aaf3f11f2.html
https://www.peacelink.it/migranti/a/46100.html
www.bergamonews.it/2018/11/05/djibi-24-anni-sognava-vita-migliore-ucciso-dalla-paura-del-rifiuto/295041/
https://www.notizie.it/cronaca/2019/01/31/milano-lite-autobus-passeggino/