Proponiamo un approfondimento sulle icone della Madre di Dio del Segno esposte nella mostra “Iconae Mariae. Il volto di Dio nelle icone della Madre” in corso al Museo della Basilica di Gandino fino al 7 aprile. La mostra è aperta venerdì, sabato e domenica dalle 14,30 alle 18,30. Aperture e visite guidate in settimana solo su prenotazione: segreteria.museo@gmail.com 3485163905, www.museobasilica.com. Il testo che presentiamo, a cura di Stefania Verità, è estratto dal catalogo dell’esposizione. Domenica 3 marzo alle 17nell’ambito della mostra nella Basilica di Santa Maria Assunta è in programma alle 17 l’incontro “In te si rallegra, o piena di grazia, ogni creatura”, con immagini, preghiere e canti alla Madre di Dio dalla tradizione liturgica bizantino-slava, con il coro Russia Cristiana.
Il canone iconografico della Madre di Dio del Segno nasce da un’elaborazione, riferibile all’XI secolo, dell’arte bizantina di due prototipi del santuario mariano delle Blacherne a Costantinopoli in cui la Madre di Dio era venerata come protettrice e padrona del mondo cristiano e della città: colei che aiutava contro i nemici. Questa variante iconografica con la Madre di Dio in posizione orante a mezzo busto, con un medaglione sul petto raffigurante Cristo Emanuele, riunisce l’idea di difesa e protezione all’alto concetto teologico dell’incarnazione di Cristo nella Vergine, e appare come soluzione iconografica definitiva tra l’XI e il XII secolo. A partire dal XV secolo la Madre di Dio del Segno diventa elemento fondamentale dell’iconostasi antico-russa inserita tra le figure dei profeti che stanno al suo cospetto e che l’hanno annunciata. La raffigurazione più antica nell’ambito della pittura delle icone è da individuarsi nella tavola processionale di Novgorod alla quale è legata la narrazione di un evento miracoloso. Di questa tipologia furono eseguite numerose copie. La grande tavola con la Madre di Dio del Segno si caratterizza per una pittura completamente eseguita sfruttando il fondo dorato, i contorni della figura sono incisi nello stato pittorico e sottolineati con i due colori tipici delle vesti della Vergine e di Cristo (blu e rosso invertiti tra loro), il nimbo di Maria come la sua cuffia sono lavorati a bulino e l’effetto pittorico è dato dal frangersi della luce entro i sottili solchi, solo i volti sono dipinti. Di grandissimo effetto luminoso, quest’icona ha un altro particolare interessante da rilevare: il bordo esterno è di colore arancio, fatto inconsueto per la produzione russa ma consueto per quella di ambito greco, e che può far supporre l’appartenenza ad una scuola iconografica con contaminazioni provenienti dalla penisola greca. Ricordiamo, infatti, che molti artisti si trasferirono dopo le invasioni turche verso il nord portando con sé la loro tradizione che si innestò su quella in cui giunsero. In mostra è presente un’icona palmare con una variante detta “Madre di Dio Abalatskaja” che mostra Maria nella canonica posizione di orante, sul petto porta non un medaglione ma una particolare aureola stellata con l’Emanuele, la sua cuffia è decorata con perle come i copricapi delle imperatrici d’Oriente e ai lati sono sempre rappresentati San Nicola e Santa Maria Egiziaca a figura intera su nuvole. Più tarde le altre due icone esposte: una eseguita su fondo azzurro mostra una particolare cura nella resa della crisografia che impregna di luce il manto della vergine, i volti sono eseguiti con la tecnica del “Plav”, uno sfumato particolarmente delicato ottenuto con tre passaggi di colore che modella i lineamenti e che era tipico delle scuole legate a Palech. L’ultima Madre di Dio del Segno in mostra è una tavola pittoricamente semplice poiché tutta la ricchezza decorativa è affidata alla bella riza in argento sbalzato e smalti di cui restano poche tracce. Fu realizzata a Vladimir nel 1865.