La violenza e il maschile. Abbattere gli stereotipi di genere cominciando dai più piccoli

Il rapporto tra violenza e maschile, questo il tema che è stato affrontato durante il convegno tenutosi all’Università degli Studi di Bergamo giovedì 28 febbraio e venerdì 1 marzo da un gruppo di docenti, esponenti di associazioni e studiosi tra i quali Cristiana Ottaviano, organizzatrice della tavola rotonda e docente di sociologia della cultura all’Università di Bergamo.

La violenza è infatti legata al maschile come stereotipo dominante, come dimostrato da diversi esempi esposti nel corso del convegno. Un primo aspetto che è stato esaminato è quello che parte dal concetto di spazio pubblico e spazio privato. Rachele Borghi, docente alla Sorbona di Parigi, ha messo in luce come non tutti gli individui all’interno dello spazio pubblico abbiano gli stessi diritti. Coloro che rappresentano lo stereotipo dominante di maschile e femminile, inteso come uomo e donna bianchi eterosessuali, avrà infatti meno possibilità di essere discriminato e di venire accettato all’interno dello spazio pubblico e in particolare in certi luoghi e contesti.

Al contrario, chi non rientra in tale categoria, come omosessuali, gender, persone di colore o appartenenti a minoranze etniche, per fare alcuni esempi, rischia di venire discriminato o contestato in quanto presenta caratteri diversi rispetto a quelli comunemente accettati. Lo spazio, quindi, lungi dall’essere neutro, ricrea rapporti di potere. Un esempio molto semplice riportato dalla studiosa è quello del bagno pubblico, che proprio in quanto diviso in due sezioni, uno per gli uomini e l’altro per le donne, esclude tutti coloro che non si riconoscono in questa dicotomia. Ciò è tipico proprio dei concetti occidentali dominanti, i quali non considerano in questo caso tutti gli intervalli esistenti tra l’essere uomo e l’essere donna.

Ma la violenza è legata al maschile anche sotto altri aspetti e la si ritrova ad esempio nel concetto di nazionalismo e più tardi in quello di fascismo. Se pensiamo all’Inno di Mameli, il sentimento patriottico e la nazione stessa assumono proprio connotazioni maschili. La maschilità sta nell’uomo che combatte per la nazione, mentre l’elemento femminile è presente ma solo con un valore allegorico. Anche il fascismo più tardi esalterà i valori maschili come la forza fisica e il valore dimostrato in guerra. Del resto, anche nella politica dei nostri giorni si usano stereotipi maschilisti per rappresentare il potere e anche il proprio partito, come nel caso della Lega Nord di Bossi.

Uno studio recente, condotto dalla dottoressa Elisa Bellé dell’Università di Trento, ha messo in luce come all’interno del partito leghista, gli uomini delegittimavano il potere delle donne anche quando queste ultime avrebbero dovuto ricoprire lo stesso ruolo dei colleghi maschi. Questo avveniva spesso tramite battute sessuali fuori luogo che toglievano credibilità alle militanti. La debolezza delle donne e la violenza del potere maschile si evincevano anche dal fatto che esse non replicavano anche quando visibilmente infastidite dall’atteggiamento dei militanti uomini.

I comportamenti che abbiamo esposto rischiano quindi, proprio perché discriminanti, di legittimare come conseguenza la violenza nei confronti delle donne, di coloro che non si riconoscono nello stereotipo dominante e delle minoranze in quanto più deboli. Ripartire dall’abbattimento degli stereotipi di genere e da una diversa educazione cominciando proprio dai più piccoli sarebbe il modo migliore per far sì che le violenze di ogni tipo, verbali, fisiche, psicologiche, vengano annientate.