L’adultera perdonata. Mirabile ammonimento sui gravi rischi che pesano sui nostri rapporti

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo (vedi Vangelo di Giovanni 8, 1-11).

L’adultera e il cerchio minaccioso degli accusatori

Una donna è stata sorpresa in adulterio. Scribi e farisei la conducono da Gesù e lo chiamano in causa. È un tranello. Se Gesù risponde che la donna va uccisa si mette contro i Romani i quali si sono riservati il diritto di condanna a morte; se risponde che la donna non va condannata si mette contro il diritto religioso ebraico che prevede la morte per gli adulteri. La donna è drammaticamente marginale: perché donna, perché adultera, perché usata dai suoi accusatori come semplice pretesto per accusare Gesù.

Di fronte alla provocazione Gesù sembra estraniarsi: scrive per terra.  Forse per ricordare una frase del profeta Geremia: Quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato il Signore, fonte di acqua viva.

Gli accusatori insistono. Allora Gesù lancia a sua volta la provocazione, diventata famosa ed entrata anche nei nostri quotidiani modi di dire: Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei. Il libro del Deuteronomio dice infatti: Colui che dovrà morire sarà messo a morte sulla deposizione di due o tre testimoni… La mano dei testimoni sarà la prima contro di lui…(Dt 17,7). Gli accusatori hanno il diritto, lo strano “privilegio” di colpire per primi.

Ma nessuno si sente senza peccato e tutti, incominciando dai più anziani, se ne vanno via. Restano, soli, la peccatrice e Gesù. Possiamo immaginare la scena di una straziante bellezza. Gesù era seduto per terra. Si alza, guarda in faccia la donna, impaurita, tremante: doveva morire, ora si trova di fronte a quest’uomo che le ha salvato la vita. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». 

Questo è proprio Vangelo, Vangelo allo stato puro.

Tutti possono accusare tutti. E sarebbe violenza

La straordinaria “trovata” di Gesù nel vangelo di oggi ci dice due cose, tra le altre.

Prima: circa la violenza e la comunità degli uomini. Scribi e farisei fanno cerchio attorno alla donna. È la situazione tipica di chi accusa: gli accusatori attorno, l’accusata al centro. Ma è la situazione che presuppone come scontato il dato di partenza: gli accusatori sono innocenti e l’accusata è colpevole. Gesù non dice che la donna è innocente. Dice, invece, che sono colpevoli anche gli accusatori. Se, dunque, ci si basa sulla colpa, tutti possono accusare tutti. Allora trionferebbe la violenza e la comunità stessa degli uomini rischierebbe di esplodere.

L’alternativa immeritata del perdono

Seconda: circa una possibile, radicale alternativa. Gesù non si limita a mettere in guardia dalla mania di accusare. Ma mi dice: tu vuoi davvero liberarti dal male che hai fatto? Se vuoi, qualcuno te lo può condonare. Puoi essere perdonato. Ti do la possibilità di rinascere. Come il figliol prodigo di domenica scorsa che è tornato di nuovo ad essere figlio, è rinato. Così la donna di oggi. Che meraviglia, questa scena. “Sono rimasti la misera e la misericordia”, commenta s. Agostino. La misericordia libera la misera dalla sua miseria e le chiede di continuare a essere libera.