L’Aquila, dieci anni dopo il terremoto. Disgrazie e avvoltoi

I ricordi del dramma di quel giorno

Sei aprile. Sono passati dieci anni dal terribile terremoto che colpì L’Aquila  e il cuore dell’Italia intera. Molte immagini riaffiorano dai ricordi. Ero in Seminario, terminavamo con i miei compagni il quinto anno di Teologia. Il mese successivo, durante gli esercizi spirituali a Camaldoli, avrei consegnato alla Chiesa una lettera scritta di mio pugno con la richiesta di essere ordinato diacono.

Ci colpirono le immagini terribili dei crolli in quella città che all’improvviso sentimmo vicinissima; le trasmissioni mandavano in onda le registrazioni delle telefonate disperate di chi era intrappolato in casa a causa dei cedimenti strutturali delle abitazioni. La terribile conta delle vittime cominciò e sembrava non terminare mai. Si concluse con un bilancio drammatico: 309 morti, 1600 feriti e circa 80000 sfollati. Pregammo in tutte le celebrazioni in quei giorni per quella povera gente. Oggi, tornano alla memoria quei momenti.

Una donna, due bare, quella di un bimbo e della sua mamma

Una immagine in particolare porto nel cuore: quella di una donna, una nonna probabilmente, che piange disperata di fronte alle bare. Ricordo che mi commossi dinanzi all’immagine di due bare: quella di un piccolino adagiata su quella della sua mamma. La bara del piccolo era là, in prossimità di quel grembo che lo aveva generato alla vita e ora lo accompagnava, per custodirlo e proteggerlo, nel comune destino misterioso della morte.

Dinanzi a queste immagini, prego. Prego per chi non c’è più, per chi ancora oggi convive con un dolore atroce che nemmeno il tempo riesce a lenire, prego per quella città martoriata che con fatica e volontà sta facendo di tutto per tornare a vivere.

Qualcosa, oggi, mi fa ribrezzo. Le aggressioni e le fake news

Purtroppo, però, qualcosa mi infastidisce. Forse non è solo fastidio, piuttosto è pena, talvolta vero e proprio ribrezzo. Avrò i miei limiti spirituali, me ne rendo conto, ma certe cose non si possono sopportare! In questo giorno di dolore, che chiede rispetto a tutti, credenti e non, certe affermazioni sono inaccettabili. “Lasciare i migranti per pochi giorni su una nave è disumano? E lasciare gli italiani per dieci anni senza casa cosa è?”, “Il papa a cui piacciono tanto i migranti, perché non se li tiene in Vaticano? E cosa fa per gli abitanti de L’Aquila?”.

Queste che ho riportato sono le più educate: evito ai lettori ben altre manifestazioni di “cultura” e “umanità” che mi è capitato di leggere e che mi hanno sconvolto per la bassezza, a tutti i livelli. Di fake news su queste situazioni se ne vedono da mesi. Pensiamo, ad esempio, a quella nota immagine con L’Aquila, distrutta dal terremoto, sotto la neve, che, qualche mese fa, qualcuno ha postato sui social come fosse stata appena scattata, quando in realtà era vecchia di anni. Grazie a Dio sono stati gli stessi amministratori di quei comuni a postare le foto della situazione reale, chiedendo di smetterla di fare disinformazione e ringraziando tutti per gli aiuti che da dieci anni si stanno susseguendo in quella terra.

Qualcuno intanto si dà da fare

Peraltro, non è difficile consultare i bilanci di diverse associazioni, tra le quali la Caritas, per accorgersi da soli, senza avere competenze specifiche in economia, di quanto la generosità di singoli cittadini, enti pubblici e privati, associazioni laicali e religiose  ha donato a favore della gente colpita da quella calamità. Trovo vergognoso che in un giorno come questo ci sia chi specula sui morti e sul dolore della gente per interessi personali, con l’atteggiamento tipico degli avvoltoi che gioiscono alla vista di un cadavere.

Oggi deve regnare il silenzio: per chi non crede sarà occasione per una commemorazione; per chi ha fede, tempo di preghiera per affidare e affidarsi a Dio.