Cresime. Libere riflessioni di un curato

28 Aprile. Domenica. Rientro in casa dopo quella che molti parrocchiani hanno definito la “giornata di full immersion del don”, ma che io chiamo “la mia giornata con lo Spirito Santo”. Infatti, nelle mie due comunità sono state celebrate le Cresime. Al mattino a Telgate, dove il Vescovo emerito di Fidenza, Mons. Carlo Mazza, ha cresimato 36 ragazzi di seconda media; al pomeriggio a Grumello del Monte, dove don Mario Eugenio Carminati, Vicario Episcopale per l’economia della nostra Diocesi, ha cresimato 59 ragazzi della classe terza media.

Celebrate le cresime. Ripenso alla giornata e faccio un bilancio. A prima vista sconfortante

Sono solo nella mia stanza e rileggo la giornata. Ripenso ai miei ragazzi, alle loro famiglie, ai padrini e alle madrine che hanno scelto. E, approfittando del silenzio, penso a Dio.

Che dire dei miei ragazzi? Qualcuno ha camminato bene, qualcuno ha fatto molta fatica a seguire il percorso, qualcuno non è quasi mai venuto né a Messa né a catechesi, qualcuno è lì, in chiesa, ma non sa il perché. Sa che però arriveranno dei regali e, soprattutto, dalla domenica successiva non avrà più il peso del catechismo: sacramento ricevuto, finalmente liberi!

E i genitori? Qualcuno mi è capitato di vederlo agli incontri formativi che abbiamo proposto; in pochi partecipano all’Eucarestia settimanale. Molti li conosco perché li ho incontrati ai colloqui a scuola, ma non in chiesa o in oratorio. Poi, i padrini e le madrine. Avevamo dato un foglio con le indicazioni che la Chiesa fornisce per svolgere questo compito delicato… sì, insomma, quel foglio dove c’è scritto che a livello personale e/o matrimoniale non devono esserci situazioni quali convivenze, divorziati risposati ecc… che è bene non scegliere persone che hanno visto la chiesa l’ultima volta il giorno della loro Cresima, magari molti anni prima, ecc.

Li guardo e mi domando se, prima di autocertificare il tutto apponendo i propri dati e, soprattutto, la loro firma in calce al foglio, l’abbiano almeno letto quel foglio! Probabilmente no, o forse non gliene importava nulla di cosa vi fosse scritto, tanto il don mica mi impedirà di fare il padrino o la madrina…

So già che arriverà qualche battuta nei prossimi giorni da parte di qualche fedele o laico impegnato in parrocchia, devo prepararmi spiritualmente. “Ma ha visto quello chi aveva come madrina?”, “E quella gonna così corta? Ed è pure salita a leggere la preghiera! Ah se voi preti non richiamate un po’ dal pulpito…”. Pace, fa parte della routine.

Molti se ne andranno. Ma non posso interessarmi solo a chi resta. E Dio ama tutti

Ora, qualche riflessione, mentre nonostante la stanchezza cerco di pregare un pochino. Io ai  miei ragazzi voglio bene. A volte mi fanno disperare, ma oggi Dio a loro ha regalato il suo Spirito, senza “se” e senza “ma”, senza fare la conta delle presenze e nonostante sappia che molti già tra due settimane non si vedranno più. E io, prete, posso voler bene solo a chi resterà? Farei meglio a fare altro nella vita, in quel caso.

In questi giorni ho incontrato qualche genitore, per una chiacchierata o per una confessione che a qualcuno pesava, dopo anni. Diversi li ho visti piangere. Lavoro, problemi famigliari, tensioni, paure… Sì, in molti a Messa non li vedo, ma li ho sentiti vicinissimi. Hanno aperto il cuore e ho trovato anche in situazioni disastrose a livello famigliare e nelle persone apparentemente più lontane dalle nostre “cose di chiesa” una profondità e una ricerca di Dio che  non ho nemmeno io.

E quei padrini e madrine.. è vero, ero a conoscenza della loro reale situazione. Potevo chiamarli e dir loro un secco no! Potevo opporre il diritto canonico… Però, pensandoci bene, credo si debba leggere il diritto canonico con il Vangelo, non il Vangelo con il diritto canonico. Forse Dio, in questo giorno, grazie alla richiesta dei cresimandi, toccherà i cuori di chi è lontano, di chi fatica a decidere per una scelta di vita definitiva, di chi sembra ormai destinato a non sentirsi più a casa nella Chiesa. Chi sono io per dire che non può essere così? E poi, basta il rispetto formale di alcune regole per essere esempi degni di essere seguiti da qualcuno nella vita?

Dinanzi a me ho la figura splendida di San Tommaso che vuole toccare le ferite di Gesù. E Gesù va incontro al suo discepolo: gli fa toccare le ferite, gli fa prendere coscienza che quella carne del Figlio di Dio non può amare se non ferita, che la Risurrezione ha stabilito che ciò che resta e ciò che salva è l’amore che giunge alla piena dedizione. Sono contento. Dei miei ragazzi, delle loro famiglie, dei loro padrini e madrine. Di tutti. Perché Dio li ama tutti, così come sono.