Le fragili case nelle quali il Padre e il Figlio hanno deciso di abitare

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato (Vedi Vangelo di Giovanni 14, 23-29).

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Dio vicino di casa

Giovanni ama l’immagine della dimora, della casa e la usa per dire qualcosa dei rapporti fra Dio e gli uomini. L’idea non era nuova. Anche i profeti parlano di Dio che abita in mezzo al suo popolo. Israele aveva fatto quell’esperienza già durante la traversata del deserto: in mezzo alle tende del popolo in cammino, era piantata la tenda nella quale abitava Dio. E il popolo, arrivato, alla fine, nella terra promessa aveva costruito una casa per il suo Signore, il tempio, al cuore della città santa, Gerusalemme. Dio, per gli ebrei, è sempre un vicino di casa.
Giovani riprende quell’idea. Dio pianta la sua tende in mezzo agli uomini, dice già nel “prologo”, il grande inno che apre il vangelo. L’immagine ritorna nel vangelo di questa domenica. Lui, Gesù, e il Padre prenderanno dimora presso colui che ama Gesù e che osserva la sua Parola. Dio non abita più in una tenda o in un tempio, ma nel cuore stesso del discepolo.
La casa nuova dove Padre e Figlio abitano sarà animata dallo Spirito, che Gesù manderà ai suoi. È il “Consolatore”, il “Paraclito”, l’“Avvocato”, colui che intercede , che assiste, che sta accanto. Soltanto la sottile “sapienza” dello Spirito renderà capaci i discepoli di penetrare la Parola, di osservarla e quindi di diventare casa dove Dio può abitare.
Siccome lo Spirito farà compagnia ai suoi, Gesù può dire di lasciare loro la pace. La pace è sintesi di tutti i beni che Dio concede agli uomini. Avendo ascoltato la parola del Signore, avendo fatto l’esperienza dolcissima della sua intimità, i discepoli sono nella pace, in una pace senza ombre e senza distrazioni.

Dio grande e la casa piccola

Dio abita in una tenda. Poi “mette su casa” nella città santa, casa grandiosa, sì, ma è sempre piccola per lui, l’infinitamente grande.
Il Dio cristiano accetta sempre di correre questo strano rischio: abitare piccole case – una tenda, un tempio, l’umanità dell’uomo Gesù, la Chiesa e le sue chiese, quelle di pietra e quelle di carne… E’ un Dio che sembra voler comunicare il suo indirizzo per permettere di essere trovato da parte di chi lo cerca. Solo che, così facendo, rischia di confondere la sua grandezza con la fragilità della casa che lo ospita, la sua Parola con le molte parole degli uomini incaricati di annunciarlo. Per questo promette il “Paraclito”, l’”Avvocato” che assiste chi parla, che tiene viva la casa, che anima la vita spesso stanca degli annunciatori della sua misericordia.