Il calcio abbatte le barriere: la squadra di Foresto Sparso in goal per l’integrazione

Bassirou Ndyaie, mister e guida carismatica del Foresto Sparso Sen Academy, crede fortemente nello sport come mezzo per favorire l’inclusione ed abbattere qualsiasi barriera all’integrazione. «La nostra – racconta l’allenatore senegalese – è una squadra formata in prevalenza da giocatori africani, residenti per lo più nelle province di Bergamo e Brescia. L’obiettivo è quello di facilitare il processo di integrazione di questi giovani attraverso il calcio, il gioco universale per eccellenza».

Una formazione la cui storia fissa le sue radici nei tornei del Csi e che nell’estate del 2015 ha compiuto il grande salto, salvando di fatto la Polisportiva locale che, senza il loro ingresso, non si sarebbe iscritta ad alcun campionato. «Nella mia carriera da calciatore – chiarisce Ndyaie – ho militato per cinque stagioni a Foresto Sparso, contribuendo al passaggio dalla Seconda categoria alla Promozione. Quando ho saputo che la Polisportiva del paese rischiava di scomparire, data l’assenza di una squadra a 11, ho deciso di rispondere all’appello e di propormi con i miei ragazzi». E i risultati della compagine sono stati fin dall’inizio brillanti. «Reduci da diversi anni nel Csi, culminati con la conquista del titolo nazionale, alla prima esperienza nei campionati Figc abbiamo subito vinto la Terza categoria, edizione 2015-16. Poi, tre ottime stagioni consecutive in Seconda: nelle prime due siamo arrivati addirittura a giocarci i playoff promozione. Nel campionato appena concluso, invece, abbiamo terminato a metà classifica, con un tranquillo settimo posto».

Al di là dei notevoli risultati sportivi, gli obiettivi di carattere sociale rimangono però i più importanti e forse anche quelli meno facili da conseguire. In primis l’integrazione. «L’idea è quella di far giocare e crescere umanamente, all’interno di un gruppo con dei valori, i giovani: italiani o africani non fa alcuna differenza. La porta del nostro spogliatoio è aperta a chiunque. Vogliamo infatti essere una squadra multinazionale e, soprattutto, multirazziale come dimostrano i colori universali della pace presenti sullo stemma. Inoltre, abbiamo aggiunto al nome ufficiale della società la parola “sen” che nel dialetto africano wolof vuol dire “vostro”, ad indicare come la nostra sia la casa sportiva di tutti: senegalesi, tunisini e ivoriani, tanto per citare alcuni componenti della rosa. Allo stesso modo, a livello religioso, nel nostro spogliatoio convivono senza alcun problema cristiani e musulmani. Siamo un gruppo coeso e unito e se ne sono accorti anche i ragazzi italiani che hanno giocato con noi. Mediamente in squadra ne abbiamo sempre avuti uno o due per anno, ma ci piacerebbe incrementare questo numero». Lo sport infatti ha il compito di unire, non di dividere. Non deve conoscere alcuna barriera. Anzi, al contrario, dovrebbe essere terreno fertile per promuovere importanti valori educativi. «Come allenatore – motiva Ndyaie – ho sempre reputato di primaria importanza l’uomo e la sua dignità, solo in virtù di queste basi si può pensare di lavorare sul talento del calciatore. Ad esempio, grazie alla nostra squadra siamo riusciti a recuperare tanti ragazzi, indirizzandoli, parallelamente al percorso agonistico, a corsi professionali per imparare un mestiere e inserirsi così nel mondo del lavoro. Con tutto lo staff, composto unicamente da volontari, crediamo profondamente in quello che facciamo e nonostante le difficoltà andiamo avanti. Il razzismo è purtroppo uno spettro ancora presente nel calcio e nello sport in generale. Durante alcune partite ci è capitato di essere oggetto di espressioni razziste e discriminatorie. Ovviamente, è però sbagliato generalizzare: tutto infatti dipende dalla sensibilità delle persone.Di contro, abbiamo avuto la fortuna di conoscere anche tanta gente di cuore. Persone che ci danno una grandissima mano e non ci lasciano soli, come lo sponsor Matteo Malighetti o alcuni membri della Polisportiva: Battista Gregori, Giulio Vignoni e Giovanni Bezzi. Non possiamo far altro che ringraziarli».