Papa Francesco parte questa mattina per la Romania, dove resterà fino al 2 giugno, accogliendo l’invito del presidente, delle autorità dello Stato e della Chiesa cattolica rumena, e visiterà le città di Bucarest, Iaşi e Blaj e il Santuario mariano di Șumuleu Ciuc.
La Romania viene spesso chiamata “giardino della Madre di Dio”, frase usata anche da San Giovanni Paolo II durante la storica visita del 1999, che si limitò allora alla sola Bucarest, primo viaggio di un Pontefice in un Paese a maggioranza ortodossa, dai tempi dello scisma d’Oriente del 1054. La visita di Bergoglio riprende questo accento mariano, invitando a unire tutte le forze sotto il mantello protettore della Madonna, come indica il motto del trentesimo viaggio del papa argentino “Camminiamo insieme”. I colori usati nel logo che ritrae la Madonna e il popolo di Dio che cammina sotto la sua protezione, richiamano i colori della bandiera nazionale: azzurro, giallo e rosso. È dunque maggio per Papa Francesco il mese dell’Europa dell’Est, dopo la visita in Bulgaria e in Macedonia del 5-7 maggio.
Breve ma importante il cammino di Papa Francesco in questo Paese dell’Europa sudorientale, che si snoderà tra Valacchia, Moldavia e Transilvania, e che inizia proprio il giorno in cui la Chiesa celebra la festa della visitazione della Beata Vergine Maria. Dopo la cerimonia di benvenuto presso il Palazzo presidenziale, e l’incontro con il primo ministro, Vasilica Viorica Dăncilă, il Pontefice pronuncerà il primo degli otto interventi previsti, rivolgendosi alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico. Il pomeriggio Bergoglio avrà un incontro privato con il Patriarca Daniel nel Palazzo del Patriarcato Ortodosso Romeno, seguito dall’appuntamento con il Sinodo permanente e dalla preghiera del Padre Nostro nella nuova cattedrale ortodossa della Salvezza del Popolo. Inaugurata nel novembre 2018 dal Patriarca di Romania Daniel e dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, la costruzione verrà completata nel 2024, dopo 14 anni di lavori, finanziati per il 70% dallo Stato. San Giovanni Paolo II durante il suo viaggio apostolico in Romania, fece una donazione per la realizzazione della cattedrale. La prima giornata di Papa Francesco in Romania si chiuderà con la celebrazione della Santa Messa nella cattedrale di San Giuseppe.
Sabato 1º giugno, il Papa andrà a Bacau, nella regione della Moldavia, ai piedi dei Carpazi, e la Base Aerea della Brigata di Montagna di Miercurea-Ciuc. Alle 11:30 celebrazione della Santa Messa nel Santuario di Sumuleu-Ciuc, meta di pellegrinaggio per i cattolici di lingua ungherese della Romania e di altri paesi. La chiesa mariana, situata all’interno di un monastero francescano, custodisce una preziosa statua in legno di tiglio della Beata Vergine Maria, realizzata fra il 1515 e il 1520 e sopravvissuta all’incendio del 1661. Nel pomeriggio Bergoglio sarà a Iasi, il più importante centro politico, economico e culturale della provincia della Moldavia, una delle città più antiche della Romania, visiterà la cattedrale di Santa Maria Regina, dove nei sotterranei, si trova il memoriale dedicato al beato Anton Durcovici, vescovo di Iaşi e martire nel 1951. Prima di tornare a Bucarest, ci sarà l’incontro mariano con la gioventù e con le famiglie, nel piazzale antistante il Palazzo della Cultura.
Domenica 2 giugno, Bergoglio sarà nella regione della Transilvania. Alle 11:00 la Santa Messa con la beatificazione dei 7 vescovi greco-cattolici martiri, nel Campo della Libertà a Blaj. In questo luogo simbolico il 15 maggio 1848 si radunarono oltre 40 mila persone per affermare la loro coscienza nazionale e chiedere il riconoscimento del popolo romeno come nazione, libertà e pari diritti civili. Un luogo che costituisce per i fedeli greco-cattolici non soltanto un simbolo di lotta per la libertà nazionale, ma anche di libertà spirituale, in quanto memoriale della testimonianza dei martiri durante la dittatura comunista, morti per la fede cattolica. Prima di rientrare in Vaticano Papa Francesco incontrerà la comunità Rom di Blaj, nel quartiere Barbu Lăutaru.
“Vengo tra voi per camminare insieme. Camminiamo insieme quando impariamo a custodire le radici e la famiglia, quando ci prendiamo cura dell’avvenire dei figli e del fratello che ci sta accanto, quando andiamo oltre le paure e i sospetti, quando lasciamo cadere le barriere che ci separano dagli altri”, ha dichiarato Papa Francesco in un videomessaggio diffuso dalle principali emittenti rumene alla vigilia della sua visita pastorale, quinto viaggio internazionale del 2019. Un forte richiamo all’unità per questo Paese, per l’87% ortodosso e il 7% cattolico, ricco di diverse tradizioni e ponte fra la cultura latina e quella slava, e l’accento mariano. “Siamo ben lieti di accogliere Papa Francesco sotto il motto che è stato scelto per questo viaggio: camminiamo insieme”, ha affermato Mons Ioan Robu, Arcivescovo di Bucarest e presidente della Conferenza episcopale della Romania.
Vent’anni fa, nel maggio del 1999, dal Parco Podul Izvor di Bucarest, dopo la Messa, si levò, inatteso, un grido: “Unitate, unitate” (“unità, unità”), era dei fedeli cattolici e ortodossi al passaggio di Giovanni Paolo II e del Patriarca della Chiesa Ortodossa Romena, Teoctist. Anche quello del papa polacco fu un viaggio apostolico dal forte sapore ecumenico, a dieci anni dalla caduta del muro di Berlino.
In una recente intervista a don Adrian Danca, Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, allora presente alla Messa del papa polacco, ricorda come quel grido fosse anche “un anticipo del modo in cui Papa Francesco ci insegna a guardare all’ecumenismo”. Un grido che deve anche partire “dal basso”, perché insieme i cristiani “possono dare una testimonianza in favore degli ultimi, dei poveri, della giustizia”. Quel grido di unità, allora testimonianza di un ecumenismo dal basso, vent’anni dopo è molto importante anche nell’Europa di oggi, considerato il momento particolare che sta vivendo il Vecchio Continente, ad una settimana dal voto per il rinnovo del Parlamento Europeo.