Caro confratello anonimo, scusami se ti chiamo così ma non mi dai possibilità di chiamarti col tuo nome. Ho letto la tua lettera, che concludi chiedendo a noi tuoi confratelli di prendere posizione con la finalità di far trasferire il nostro Vescovo, in quanto da te e gli altri firmatari ritenuto inadeguato all’incarico affidatogli dal Santo Padre.
Già altri, ben più preparati di me, in questo nostro notiziario hanno riflettuto su di te e sul modo che tu e altri avete di intendere la Chiesa e di agire in essa. Io, semplicemente, vorrei restituirti il mio pensiero, che non conta nulla, ma che non mi sembra giusto trattenere solo per me, visto che tu stesso mi solleciti a decidere da che parte stare.
“Spero che tu non sia mio confratello”
Innanzitutto, lo dico in tutta sincerità, spero tu non sia un mio confratello: non voglio offendere il sacramento che forse hai ricevuto, ma se lo hai ricevuto e siamo confratelli nel sacerdozio ministeriale, se ti poni così, beh, mi dispiace per te e per la nostra Chiesa.
Preferisco pensare che in fondo tu abbia scritto di essere un prete solo per dare visibilità al nulla che traspare dal tuo testo: forse sei un ex seminarista risentito per un esito del cammino non desiderato o forse fai parte di quelli che pensano che il futuro della Chiesa e, soprattutto, il cuore della fede, risieda nel riaprire gli armadi polverosi con pizzi e manipoli. Vabbè, saprai tu questo.
“Il tuo modo di fare mi ricorda Fantozzi”
Ora, permettimi di notare alcune tue contraddizioni. Affermi nella tua lettera che più volte tu e gli altri firmatari (anonimi anche loro, ovviamente), “dopo ponderata riflessione” avete mandato lettere ai nostri superiori, a cardinali e perfino al Papa. Ora, o hai sempre scritto in anonimo (e questo, come ti ha scritto don Alberto Carrara, è “immorale”: io, più cattivo di lui, definisco l’anonimato un metodo mafioso) e quindi sei tu il primo a rendere impossibile il parlare di questioni serie, in quanto risulta impossibile risponderti o sedersi a parlarne con te, oppure in precedenza hai mostrato la tua identità. Ma se i nostri superiori sanno chi sei, perché ora l’anonimato? È come se io andassi a fare una rapina, facessi un bel sorriso dinanzi alla telecamera di sorveglianza e poi indossassi il passamontagna per non farmi riconoscere. Beh, una scena più da Fantozzi che da ladro professionista!
“Per favore non offendere la tua intelligenza”
Ancora, scrivi di voler rimanere anonimo perché l’esporti “potrebbe provocare delle ritorsioni”: e quali sarebbero queste ritorsioni? Ora, per quanto posso conoscere io i nostri superiori, francamente non ce lo vedo il Vescovo Francesco armeggiare col tritolo né il Vicario Generale don Davide tramare di notte vendette contro gli altri come Gargamella con i puffi. Da bravo, caro confratello, che magari hai anche la licenza o il dottorato, non offendere la tua intelligenza e pensa a ciò che scrivi!
Nel tuo scritto parli di una situazione preoccupante del nostro Seminario e della Diocesi. Guarda, il mio padre spirituale è stato vicerettore per 12 anni in Teologia, il mio parroco della comunità nativa è stato docente di Bibbia per decenni e rettore per quattordici; ho amici attuali vicerettori. Mi permetto di darti un consiglio: incontrali, ascoltali, chiedi spiegazioni, digli il tuo parere su come secondo te si dovrebbe procedere o su cosa si potrebbe sperimentare per il bene del Seminario. Io l’ho fatto e non ho perso le amicizie, anzi. E prega per il Seminario e la Diocesi: è la cosa più bella che puoi fare, soprattutto mentre celebri l’Eucarestia.
“Se ami la Chiesa, giocati la faccia”
Agendo come hai fatto, credimi, fai e ti fai solo del male, perché calpesti la carità, che è il principio a fondamento di tutto il Vangelo di Gesù.
Mi avvio alla conclusione. A circa metà lettera parli di “amata chiesa di Bergamo”. Benissimo, se la ami, giocati la faccia. Certo, preparati a soffrire. L’ho provato anch’io in parrocchia. Ma ricorda che hai una dignità e che non si ama in anonimo (semmai si sta nascosti per odiare e colpire nel buio..). Io quando scrivo ci metto il mio nome: don Alberto Varinelli, curato di oratorio. Anche sui miei post sui social. Non scrivo John Wayne e nemmeno Michelle Hunziker (magari mi leggerebbe qualcuno in più vedendo la foto, perché lei porta “argomenti” interessanti, seppur non teologici e pastorali).
Coraggio. Mi fermo, ma permettimi un ultimo spunto. Prima della firma anonima, tu e gli altri autori scrivete “fraternamente”. Ebbene, se siamo fratelli, vogliamoci bene. Al Vescovo, all’ordinazione, hai risposto “sì” quando ti ha chiesto, tenendo le tue mani tra le sue: “Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza?”. Ebbene, vai da lui da figlio e lui potrà essere per te padre. Prego per te. Tu prega per me. Don Alberto