A Milano 23 giovani profughi sbarcati a Genova, accolti dai vescovi italiani

Sono arrivati nei giorni scorsi, a Milano, i profughi sbarcati il 2 giugno dal pattugliatore Cigala Fulgosi a Genova e assegnati da Caritas Italiana alle diocesi lombarde. Sono 23 giovani, tra i 29 e i 17 anni, di differenti nazionalità africane: Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Guinea, Gambia, Nigeria, Sud Sudan. Partiti in pullman dal centro di Rocca di Papa, fuori Roma, dove erano stati accolti assieme agli altri migranti giunti nel porto del capoluogo ligure, hanno fatto tappa nel centro “Casa Suraya”, alla periferia della città. Di questo gruppo, in 17 hanno proseguito il viaggio verso Venegono Superiore (Varese), tre invece in direzione Brescia e tre a Bergamo. Nel comune del Varesotto saranno ospiti per almeno un anno nell’istituto dei Padri Comboniani, a Bergamo nel centro “Accademia dell’integrazione”, a Brescia in alcuni appartamenti della rete parrocchiale. A tutti loro sarà offerto vitto, alloggio, corsi di alfabetizzazione e percorsi di formazione professionale. I costi dei progetti di accoglienza saranno interamente a carico della Conferenza episcopale italiana. Il gruppo dei migranti accolti in Lombardia, assieme agli altri ridistribuiti nelle altre diocesi italiane, fa parte dei 100 naufraghi soccorsi al largo delle coste libiche dalla nave della Marina Militare Italiana e fatti sbarcare dal Ministero dell’Interno solo dopo l’intervento dei vescovi italiani che avevano espresso la loro disponibilità a farsi carico dell’accoglienza.

“Questa vicenda dimostra ancora una volta che, piuttosto che fare propaganda, la politica deve esercitare il suo compito che è quello di trovare delle soluzioni lungimiranti e condivise”. Lo dichiara Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, a proposito dei 23 profughi arrivati nei giorni scorsi, a Milano, dopo essere stati sbarcati dal pattugliatore Cigala Fulgosi a Genova e assegnati da Caritas Italiana alle diocesi lombarde. “Si preferisce alzare la voce, ingaggiare braccio di ferro con i nostri vicini di casa, giocando cinicamente sulla pelle di disperati – osserva Gualzetti -, piuttosto che individuare nuove regole lungimiranti, condivise nelle sedi opportune, che sono le istituzioni europee”. Il risultato è che “ogni volta si ripete la stessa storia”. “L’estate scorsa era la Diciotti, il mese scorso Genova. Ora abbiamo il caso Sea Watch che mette tutti di fronte all’imperativo di soccorrere e poter mettere in sicurezza immediatamente i naufraghi, rispettando gli impegni del diritto internazionale che pone al primo posto la salvaguardia della vita”. “In questa latitanza, dobbiamo essere grati ai nostri vescovi che così come negli ultimi anni continuano a offrire strutture e soldi, anche in questo momento difficile, per tentare di risolvere i problemi guardando soprattutto alle persone”.