Calo delle nascite e aule vuote: non solo crisi ma opportunità

Come saranno le scuole di domani? Intendendo per domani il prossimo anno scolastico, la prima risposta che viene da dare è disarmante: più vuote.

È questo, infatti, il primo dato che emerge dai dati diffusi dal ministero dell’Istruzione a proposito delle iscrizioni al nuovo anno scolastico per le prime classi delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. Sono i risultati delle scelte delle famiglie che si sono impegnate, tra gennaio e febbraio, per progettare il percorso scolastico dei propri figli.

Così registra una comunicazione del Ministero: “Le domande di iscrizione alle prime classi per l’a.s. 2019/2020, inoltrate dalle famiglie, sono state 1.553.278. Circa un milione sono quelle presentate alle scuole del Primo ciclo (473.294 alla Scuola primaria e 537.330 alla Secondaria di primo grado) mentre sono 542.654 le domande ai percorsi di istruzione e formazione di secondo grado”. Si tratta di numeri in calo rispetto all’anno precedente, a confermare una tendenza ben nota e del resto in sintonia con un fenomeno che caratterizza il nostro Paese da ormai diversi anni: il calo delle nascite. Banalmente: meno bambini, meno alunni.

Aggiunge ancora il Ministero: “Già da qualche anno si assiste a un calo nel numero dei nuovi ingressi, più marcato nel caso della Primaria che, nell’ultimo anno, registra una perdita di circa 23 mila alunni (-4,6%), mentre il ciclo di scuola Secondaria perde 20 mila studenti”.

Il calo demografico è un fenomeno che preoccupa, naturalmente, ben al di là della scuola. Il Rapporto annuale 2019 diffuso dall’Istat rileva che  secondo i dati provvisori relativi al 2018 sono stati iscritti in anagrafe per nascita oltre 439 mila bambini, quasi 140 mila in meno rispetto al 2008 e 10 mila in meno rispetto allo scorso anno. Nel disegnare il quadro italiano, l’Istat annota in particolare che la diminuzione delle nascite è attribuibile prevalentemente al calo dei nati da coppie di genitori entrambi italiani, che scendono a 359 mila nel 2017 (oltre 121 mila in meno rispetto al 2008)». Ma si sta esaurendo anche l’effetto positivo arrivato in questi anni dagli stranieri. Dal 2012 al 2017 sono oltre 8 mila in meno i nati con almeno un genitore straniero, che scendono sotto i 100 mila. Rappresentano circa un nato su cinque, il 21,7% del totale.

Come leggere questa situazione, che ha naturalmente tante e diverse cause, intrecciate talvolta in modo indistricabile?

Dal punto di vista scolastico avere le classi più vuote può anche diventare un’opportunità, nel senso che potrebbe darsi l’occasione di una cura più affinata rispetto a programmi e interventi, un ricalcolo delle risorse disponibili e – auspicabilmente – una maggiore disponibilità, magari legata anche a processi di razionalizzazione. Basti pensare, tra gli altri, al problema annoso dell’edilizia scolastica, con la necessità indifferibile di avere a disposizione infrastrutture adeguate e sicure.

“Perdere” alunni poi, può far riflettere una volta di più sull’importanza della scuola. Avere classi più vuote è certo un’ipoteca spiacevole sul futuro. Fa pensare al “Paese per vecchi” a una società asfittica, di poco respiro, che ha perso speranza. E per contrasto ecco che si può evidenziare la necessità di come la scuola debba e possa essere invece slancio verso il domani, costruzione di una comunità e di un Paese. Anche per far tornare, tra qualche anno, le aule più piene.Alberto Campoleoni