Arte: la mostra dedicata alle opere legate al ciclo di San Nicola da Tolentino

E’ un appuntamento da non perdere per gli appassionati d’arte.

Nei prossimi due giorni nella cappella laterale dell’ex chiesa del monastero degli Eremitani di Sant’Agostino, ora Aula Magna dell’Università, sarà possibile ammirare la mostra dedicata alle opere legate al ciclo di San Nicola da Tolentino, tra le quali Pala di San Nicola da Tolentino di Gian Giacomo Barbelli (1653).

Recentemente restaurata dall’Università, l’opera è messa a confronto, in modo eccezionale, con il proprio disegno preparatorio, in prestito dall’Accademia Tadini di Lovere, dove è conservato.

Mercoledì 17 e giovedì 18 luglio l’aula magna resterà aperta dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18, con visite guidate gratuite a cura di don Giovanni Gusmini, Responsabile della Pastorale Universitaria della Diocesi di Bergamo, alle ore 10, 11, 15, 16 e 17.

 

GIAN GIACOMO INCHIOCCHIO, DETTO IL BARBELLI (1604-1604) nasce a Offanengo in provincia di Cremona da Giovan Angelo e Maria Malosa. Il soprannome Barbelli, pare assegnato alla famiglia del pittore fin dal XVI secolo, deriva dal termine dialettale barbèl, ossia farfalla notturna. Il Barbelli lo sfruttò per firmare le sue opere, i figli lo assunsero come cognome ufficiale. Secondo dicerie paesane, il soprannome deriva dal termine dialettale “barbelà”, cioè avere freddo, in quanto la famiglia, seppure benestante, non riscaldava la casa per tirchieria e gli occupanti tremavano dal freddo.
Inizia la sua carriera artistica a Crema nella bottega di Tommaso Pombioli: la prima opera datata e firmata risale al 1622. Successivamente si trasferisce per un quinquennio a Milano, lavorando anche tra la Valtellina e l’Alto Lario, acquisendo capacità e fama. Nel 1630 ritorna a Crema e inizia a lavorare su numerose commissioni in terra locale, in particolare sull’asse Brescia-Crema.Lodi, con forte maturità in cui traspare la conoscenza dell’arte illusionistica veronese, quella tosco-romana e quella fiamminga. A causa delle numerose richieste allestisce una bottega nella quale vi lavorano Evaristo Baschenis e, più tardi, due dei suoi otto figli, Carlo Antonio e Giovan Angelo. Anche gli anni Quaranta si rivelano intensi di opere, tra le più note e famose. In questo decennio il Barbelli lavora anche nella bergamasca. Muore il 12 luglio 1656 a causa di un colpo d’arma da fuoco durante una battuta di caccia nei giorni precedenti.