Sette seminaristi lasciano. Sul senso del Seminario

Mi viene segnalato che su un giornale in circolazione nella nostra provincia si parla nuovamente della lettera anonima riguardante il Vescovo e, insieme a questo, delle affermazioni pronunciate da un confratello, uno degli estensori del testo, sul Seminario.

I seminaristi lasciano. Segno di un disagio?

Decido di acquistare il giornale e di cercare questo aspetto in particolare, che mi sta a cuore (della mia parrocchia di Telgate ho tre seminaristi: uno che il prossimo anno sarà in terza media, suo fratello in prima superiore e uno che si appresta ad iniziare la terza teologia).

A questo confratello anonimo, si evince dal testo, è stato fatto notare che il calo delle vocazioni è una realtà che interessa tutto il territorio nazionale e che Bergamo è una delle poche città ad avere ancora il Seminario, ma lui decide comunque di rispondere così a questo dato oggettivamente inattaccabile: “Ma sette studenti di Teologia se ne sono appena andati e quindi vuol dire che il disagio c’è all’interno.”.

Lo strano ragionamento: i seminaristi lasciano. Colpa del Seminario

Ora, qualche riflessione. La prima: mi piacerebbe che questo sacerdote esplicitasse il ragionamento sotteso alla sua deduzione. Francamente, il suo ragionamento mi sembra non reggere. Cosa significa che se dei seminaristi escono dal seminario vuol dire che ci sono problemi interni al seminario stesso? Come è possibile affermare questo? Forse questo sacerdote sa tutto della storia di ciascun seminarista e delle scelte che la Chiesa ha fatto nei loro confronti? Del resto, anche nei miei sette anni vissuti in Seminario c’è sempre stata gente che ha interrotto il percorso, per scelta sua o della Chiesa: forse l’unica differenza è che, essendoci allora numeri molto più elevati di seminaristi, l’incidenza delle persone che lasciavano era minore, mentre oggi, l’uscita di sette persone a fronte di poco più di trenta teologi in totale è certamente una perdita importante. Tuttavia, non credo questo legittimi un sospetto sull’efficienza del Seminario.

Ma il Seminario esiste proprio per capire e far capire se uno è adatto a fare il prete

Un passaggio ulteriore. Credo sia importante, di fronte a queste contestazioni, che ci poniamo una domanda, mai scontata: a cosa serve il Seminario? Una prima risposta a mio parere è questa: a far sì che il giovane che sente il desiderio di seguire il Signore nella forma del ministero ordinato possa sottoporre il suo sentire alla Chiesa perché valuti la presenza dei segni della vocazione al ministero. Nello stesso tempo, il Seminario è lo strumento necessario alla Chiesa per svolgere un serio discernimento sui candidati al sacerdozio ministeriale e per la preparazione dei preti di domani.

Ciò detto, mi sembra allora del tutto normale che, in tanti anni di cammino, un seminarista, in tutta libertà, possa comprendere che la vita sacerdotale non faccia per lui e possa di conseguenza decidere di tornare a casa e scegliere altro.

Nel contempo, mi sembra chiaro che anche la Chiesa, a sua volta in piena libertà, debba poter dire a un giovane, anche se quest’ultimo fosse convinto che diventare prete sia la sua strada: “Caro ragazzo, sei una brava persona e un buon cristiano, ma la vita sacerdotale non fa per te!”. Ora, io credo che se avviene questo il Seminario stia facendo esattamente ciò per cui esiste!

Fare il prete è diventato impegnativo

Del resto, la complessità della vita di oggi, i cambiamenti che stanno sempre più interessando la Chiesa, la figura del prete e le modalità di esercizio del ministero richiedono che la formazione sia intensa e approfondita, che tocchi tutti i livelli, spirituale, umano, culturale, sociale, psicologico del candidato al sacerdozio. Solo così si può sperare che la persona che riceve il sacramento dell’ordine sia caratterizzata da una struttura umana che gli permetta di vivere il ministero senza esserne schiacciato.

Concludo. Personalmente, ritengo che il Seminario stia promuovendo una formazione seria dei candidati al presbiterato: certo, non è perfetto, molte cose si possono cambiare per rendere l’esperienza formativa ancora più efficace: di questo, forse, dovremmo parlare di più, insieme, guardandoci in faccia.