Il dibattito sul suicidio assistito. Comitato di bioetica, “cure palliative siano incrementate e accessibili”

Il Comitato nazionale di bioetica “auspica che in qualunque sede avvenga – ivi compresa quella parlamentare – il dibattito sull’aiuto medicalizzato al suicidio si sviluppi con la dovuta attenzione alle problematiche morali, deontologiche e giuridiche costituzionali che esso solleva e col dovuto approfondimento che una tematica così lacerante per la coscienza umana esige”. È quanto si legge tra le “raccomandazioni condivise” riportate nelle “riflessioni bioetiche sul suicidio medicalmente assistito”, diffuse dallo stesso Comitato. Che raccomanda, inoltre, “l’impegno di fornire cure adeguate ai malati inguaribili in condizione di sofferenza; i valori professionali e deontologici dei medici e degli altri professionisti sanitari; la solidarietà nei confronti delle persone con condizione di particolare vulnerabilità nel rispetto della dignità umana”. Il Comitato chiede che “sia documentata all’interno del rapporto di cura un’adeguata informazione data al paziente, in condizioni di inguaribilità e sofferenza, in merito alle possibilità di cure e palliazione”. E ritiene “indispensabile” che “sia fatto ogni sforzo per implementare l’informazione ai cittadini e ai professionisti della sanità delle disposizioni normative riguardanti l’accesso alle cure palliative”. Si chiede, inoltre, che queste siano “effettivamente incrementate e accessibili a tutti coloro che le richiedono in modo da evitare che le domande di assistenza al suicidio siano motivate da sofferenze che potrebbero essere trattate”. Infine, l’auspicio che “venga promossa una ampia partecipazione dei cittadini alla discussione etica e giuridica sul tema e che vengano promosse la ricerca scientifica biomedica e psicosociale e la formazione bioetica degli operatori sanitari in questo campo”.

“Generalmente il comitato etico dà un orientamento, questo documento invece volutamente presenta delle posizioni”. Lo dice Antonio Gioacchino Spagnolo, direttore dell’Istituto di bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, commentando il parere del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) sulla legalizzazione del suicidio medicalmente assistito. “È un documento che aiuta il dibattito e apporta degli elementi che poi le singole persone devono valutare. Andavano precisati alcuni termini, perché avrebbero portato un aiuto migliore per le future decisioni”. Secondo Spagnolo, il parere del Comitato di bioetica non avrà ripercussioni sul dibattito politico. “Per la sua storia il Comitato, nonostante avesse il compito di orientare il legislatore, non ha mai avuto grande seguito. Le persone di buona volontà possono trovare in queste riflessioni un chiarimento. È certo che non c’è un orientamento in favore del suicidio assistito. Se contiamo come prodotto finale le raccomandazioni, non c’è alcuna raccomandazione in questo senso”.

“L’idea che possa essere legalizzata qualunque forma di suicidio assistito, e anche casi di patologie irreversibili, sarebbe devastante per il nostro Sistema sanitario, perché implicherebbe che l’eutanasia entrerebbe nelle nostre corsie di ospedale. Sarebbero, soprattutto, le persone più fragili, più vulnerabili e più deboli a essere spinte verso delle forme di interruzione della propria vita prima del suo spirare naturale”. Lo dice al Sir Alberto Gambino, giurista, presidente di Scienza & Vita, commentando il parere del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) sulla legalizzazione del suicidio medicalmente assistito. “Il parere al momento vede diviso in due il numero dei componenti – spiega il giurista -. Ci sono 13 componenti a favore della legalizzazione dell’eutanasia e 13 contrari. Bisogna rettificare le notizie che si stanno diffondendo, cioè che ci sarebbe una prevalenza dei favorevoli, perché tra i contrari ci sono due che sono contrari fintanto che in Italia non sia attuata fino in fondo l’implementazione delle cure palliative. Vengono considerati come tre voti diversi, ma in realtà, nel documento la postilla di questi due ribadisce che sono sempre contrari alla legalizzazione. Quindi, non c’è una prevalenza”. Evidenziando che in Europa sono solo tre i Paesi dove si è accolto il suicidio assistito e l’eutanasia (Belgio, Olanda e Lussemburgo), il presidente di Scienza & Vita sottolinea che si tratta di nazioni che “hanno sistemi sanitari dove la valutazione della dignità della vita è legata a una lettura efficentista”. “In Italia e nei Paesi del Mediterraneo si è sempre rifiutato di fare un discorso su cos’è la vita degna di essere vissuta”. E avverte: “Nel momento in cui si dovesse legalizzare quest’alternativa al fine vita, non sarebbero solo le persone più radicali ed estreme a prendere questa scelta, ma purtroppo ci sarebbero decine e decine di situazioni particolari che indirettamente vedrebbero attuarsi nei loro confronti forme di abbandono e, attraverso una scelta un po’ forzata, si troverebbero a chiedere l’esito finale della loro vita attraverso una iniezione letale”.