Mi ero ripromesso che avrei preso coraggio e mi sarei messo alla tastiera per ricordare una figura per me decisiva oltre che un caro amico. Avevo fissato anche il momento per farlo: dopo il 18 agosto, giorno in cui nella mia parrocchia nativa di Borgo Santa Caterina in città si festeggia solennemente l’Apparizione della Vergine Addolorata presso il nostro Santuario. Ora mantengo quanto avevo stabilito.
Il Borgo di Santa Caterina, don Edoardo, il Seminario e un ricordo da scoppiar dal ridere
Ieri mattina ho celebrato al Santuario la Messa delle ore sei, la prima della giornata di festa e, nella breve omelia, ho ricordato proprio l’amico don Edoardo Algeri, scomparso poche settimane fa, per 22 anni residente al Santuario, negli anni in cui era direttore dell’Ufficio Diocesano per la Famiglia e Padre Spirituale in Seminario. Insieme con lui, ho ricordato anche don Sergio, già curato in Santa Caterina, scomparso lo scorso settembre a soli 55 anni (don Edo ne aveva 56), anche lui improvvisamente.
Innanzitutto, ricordo volentieri un aneddoto simpatico che fece ridere l’intera comunità di Teologia e che ancora oggi, quando ci troviamo con i preti che erano in Seminario in quegli anni, raccontiamo volentieri. Don Edoardo era quello che si definisce “un personaggio”, uno di quegli uomini super intelligenti, dalla cultura enciclopedica, che sapevano però anche ridere e far ridere. Lui ci riusciva benissimo, anche perché senza volerlo si rendeva protagonista di gaffe che facevano morire da ridere i presenti.
Quel giorno eravamo in sacrestia ed io ero sacrista del quadriennio teologico, insieme all’amico Luca Pezzotta. Pronti per la messa presieduta dal rettore don Pasquale, sentiamo un passo svelto avvicinarsi quando mancano meno di due minuti all’inizio della celebrazione. È don Edo. “Ecco sì, scusate… avevo un impegno. Ci sono!”. Spoglia la giacca, lega l’amitto e indossa il camice. Mi dice: “Alberto, mi sistemi il colletto per favore?”. Mi colloco dietro di lui per sistemare il colletto, e lui, evidentemente sovrappensiero, cerca di accelerare i tempi per non far iniziare la Messa in ritardo. Prende la stola dalle estremità e la lancia all’indietro per farla atterrare sul collo, … ma la medesima stola non atterra sul suo collo, bensì sul mio, che ero dietro di lui. Senza accorgersi dell’inghippo, con la forza legata al suo dolce peso, 140 kg circa, decide anche di tirare con forza le estremità della stola per sistemarla bene e io… mi schianto sulla sua schiena e mi trovo col mio collo legato al suo. “Don Edo.. mi strozzi!!”. “Ah ciao Alberto, cosa fai qui?”; “Beh, veramente stavo sistemando il camice a te…”. Le file di banchi appena fuori dalla sacrestia, che hanno intravisto la scena, sono abitati da confratelli seminaristi dal volto paonazzo tendente al “blu tenebra”, come direbbe Fantozzi, piegati a ridere sui banchi, mentre il resto della Chiesa ride per contagio, intuendo sia avvenuto qualcosa di esilarante.
Celebriamo la Messa, poi tutti in refettorio per la cena. Mai pianto tanto dal ridere: cena trascorsa ad immaginare cosa sarebbe successo se don Edo non mi avesse liberato dalla stola e fosse uscito dalla sacrestia per celebrare la Messa trascinando il sottoscritto appeso al collo. E questa è solo una delle tante scene che hanno visto protagonista don Edo.
La dolcezza del ricordo, il dolore della perdita
Mentre scrivo questo sorrido, ma sento anche tanto dispiacere. Don Edo è morto all’improvviso, mentre pedalava sulla sua amata bicicletta da corsa, lui che è fratello di due ex ciclisti professionisti. Era un uomo buono, buonissimo. È stato il Padre Spirituale della mia classe nell’anno di discernimento della Scuola Vocazioni Giovanili. Era uomo di parola perché innamorato della Parola. Conosceva a fondo le Scritture e la confessione iniziava sempre con don Edo che apriva la Bibbia e leggeva un passo che aiutasse noi penitenti nell’esame di coscienza. Da fine psicologo, nei colloqui sapeva leggere, oltre alle dinamiche spirituali, anche quelle psichiche.
Tante volte, anche negli anni successivi in Seminario e dopo l’ordinazione mia e dei miei compagni, gli ho chiesto consigli, anche per affrontare situazioni pastorali. Ricordo quando gli chiesi a riguardo di un battibecco iniziato via social e proseguito via sms con una persona: oltre che aiutare me a capire come comportarmi con questi strumenti, alla luce dei messaggi diede una lettura psicologica dell’altra persona, che nemmeno conosceva, che mi lasciò a bocca aperta. “Di solito Alberto chi scrive così poi fa così… lo fa per questo motivo… ha questi tipi di problemi…”: e io che conoscevo bene la persona in oggetto riconoscevo nelle ipotesi di don Edo esattamente fatti e questioni inerenti quella persona.
La grande fede che sosteneva don Edo lo conduceva a non risparmiarsi dinanzi alle richieste di aiuto che gli pervenivano, ed erano davvero molte, soprattutto dalle famiglie, di cui era grande esperto.
Mi manca don Edo, mi manca e mi mancherà. Non passava 24 agosto senza che mi giungessero i suoi auguri di compleanno. Sono sicuro che me li farà anche quest’anno, facendo quello che chi è in Paradiso fa per sempre: continuando a voler bene e a benedirci.
Ciao don Edo, grazie, di tutto.