Nella Chiesa di oggi, persone “in piedi”, in cammino. I monaci

Nel Vangelo di domenica scorsa si è parlato di fuoco che Gesù è venuto a portare e che deve bruciare… Voi monaci vi sentite, nella Chiesa di oggi, quelli che attizzano questo fuoco? E mi puoi dare qualche esempio concreto di questa eventuale vostra funzione di “incendiari”? Grazie. Lucio

Caro Lucio, l’immagine del fuoco è molto evocativa e suggestiva e non è usuale riferirla ai monaci. Ci sono anche altre rappresentazioni utilizzate nei nostri confronti: chiesa posta sul monte, lampada sul lucerniere, cuore nel corpo che è la Chiesa, ecc.

Per tenere acceso il “fuoco”

Il fuoco a cui il Vangelo si riferisce è quello della forza divina che Gesù è venuto a portare tra gli uomini e che desidera si manifesti e agisca. L’esperienza della presenza e dell’azione di Dio è percepita da Gesù come fuoco che brucia, illumina e riscalda. Egli è divorato dalla passione per il Padre e per il Regno: tutta la sua vita è stata questo dono che si è consumato per la salvezza degli uomini.

La nostra presenza nella Chiesa e nel mondo vuole essere questo “segno” che tiene acceso il fuoco della fede e della presenza di Dio in mezzo agli uomini. Non siamo né migliori né peggiori dei nostri fratelli, abbiamo ricevuto per grazia questo dono e, umilmente, nella nostra fragilità, cerchiamo di viverlo. La nostra vita afferma il primato di Dio, il suo amore per gli uomini e il suo desiderio di raggiungere ogni uomo, perché abbia la vita in abbondanza. Sì un fuoco vogliamo accendere: è la memoria del volto di Dio che cerchiamo di alimentare quotidianamente alla scuola della sua Parola e dei suoi misteri, in una preghiera personale e comunitaria che scandisce le giornate, dentro l’esperienza di una fraternità, piccola porzione di Chiesa, che serviamo nell’amore, nell’accoglienza dei fratelli e delle sorelle che bussano alla nostra porta per chiedere ascolto, consiglio, incoraggiamento, speranza.

Siamo nel cuore del mondo, fari per i vicini e i lontani

Il fuoco di Dio è una fiamma divorante che brucia quanto offusca la sua presenza: la nostra vita è quel laboratorio della fede nel quale tutto ciò che è mondano, superfluo e segnato dal peccato, viene lentamente purificato affinché il cuore sia rivolto interamente a Dio. La vita è un correre insieme ai fratelli tenendo alto il desiderio di Dio, la ricerca del suo volto, nella consapevolezza che è lui per primo a cercarci e attrarci misteriosamente a sé. Ciò che deve ardere nei cuori è che il Signore Gesù sia accolto e amato e il suo Vangelo diventi la forma della vita dei credenti. Questo ci colloca nel cuore del mondo. Non siamo estranei alla storia e a quanto tutti gli uomini e le donne vivono, soffrono, amano e sperano. Il fuoco del suo amore non ci chiude in un ambiente protetto o in una piccola isola felice, lontana dalla realtà, anzi, ci apre al mondo e ci rende solidali con i fratelli.

Le nostre fraternità, attraverso la liturgia e la condivisione della Parola, assolvono a quell’opera semplice di evangelizzazione che vuole far incontrare il Signore e lodarlo per le opere da lui compiute nella storia: “Siamo fari, per i vicini e per i lontani; fiaccole che accompagnano il cammino degli uomini e delle donne nella notte oscura del nostro tempo, indicando colui che è via, verità e vita, l’unico Signore che offre pienezza di vita”.

Come sentinelle vogliamo vigilare

Vogliamo ricordare a tutti il senso primo e ultimo della vita, l’orizzonte escatologico verso il quale ci orientiamo, il fine a cui tendiamo quando Dio sarà tutto in tutti. In attesa di quel giorno, come sentinelle, vogliamo vigilare, stare attenti a noi stessi, aver cura della nostra vera identità, il nostro essere umani, guardando la realtà, il nostro tempo.

Alziamo la nostra voce, frutto di preghiera e discernimento, quando i fratelli, immagine di Dio, sono calpestati nella loro dignità, perché la passione per Dio non può essere disgiunta da quella degli uomini, bianchi o neri, ricchi o poveri. Cerchiamo di leggere in profondità gli eventi e alla luce dello Spirito santo, interpretarli come “segni dei tempi” per cercare di cogliere la parola che Dio ci sta rivolgendo.

“Dobbiamo«sollevare la testa», assumere la postura dell’uomo in cammino, in posizione eretta, sorretto dalla speranza. Immagine straordinaria: l’umano in piedi, con il capo levato nella parrhesía, nella franchezza e nella convinzione che ciò che accade è comunque per la salvezza; egli non teme e quindi cammina sicuro verso il Signore veniente. È anche la postura dell’uomo in preghiera davanti a Dio che desidera l’incontro con chi ama; è la sentinella che, in piedi, sveglia, attenta, scruta l’orizzonte per essere pronta a gridare alla città che il Signore viene, sta per giungere, sta per manifestarsi nella gloria.” Il Signore doni a tutti noi, monache e monaci, il coraggio di lasciarci avvolgere dal suo fuoco d’amore perché, attraverso piccole fiamme, il mondo bruci del suo amore. A te e a tutti la richiesta della vostra preghiera, perché questo desiderio trovi compimento.