Dalle ideologie ai contratti: anche la politica è liquida

“Una bella minestrina è di destra/ il minestrone è sempre di sinistra/ quasi tutte le canzoni son di destra/ se annoiano son di sinistra/ Ma cos’é la destra cos’é la sinistra”: così cantava Giorgio Gaber in “Destra-sinistra” ormai venticinque anni fa, e forse, guardando all’attuale crisi di governo, la questione ormai non si pone più.

Già negli anni Ottanta Jean Francois Lyotard aveva usato il termine “postmoderno” per raccontare il fallimento di tutte le “grandi narrazioni”, che prima di allora avevano cercato di “inquadrare” la realtà sociale. Tra esse, prima di tutto, le ideologie. Allora, però, il filosofo francese era riuscito a cogliere i primi germogli di una crisi d’identità che ora – non solo in Italia – si mostra in tutto il suo cupo, infestante sviluppo.

L’ideologia, cantava ancora Gaber “è continuare ad affermare un pensiero e il suo perché, con la scusa di un contrasto che non c’è”, e la sua – scherzosa – definizione descrive soprattutto le ombre, gli stereotipi, contrapposizioni ormai prive di senso. Politica nel senso più antico e nobile significa arte di governare, e per estensione, potremmo aggiungere, di prendersi cura della “polis”, della città, del bene comune. Quale sia questo bene oggi sembra che venga deciso di giorno in giorno in modo un po’ aleatorio, sulla base di sondaggi, like e indici di gradimento.

La politica, dicevamo, è un’arte che richiede, se non un’ideologia, almeno un orizzonte, una visione del mondo, un pensiero che si possa articolare in qualcosa di più profondo dei facili slogan da rimbalzare sui social network. La politica di oggi sembra invece quasi disarmata di fronte al futuro, sembra aver abbandonato prospettive a lungo termine e valori fondanti in nome di contratti “a tempo”, articolati in punti, con alleanze strette a tavolino (il metodo è quello, inutile scandalizzarsi se nel tempo cambiano gli interlocutori). Cavalca la protesta popolare con una sempre più diffusa “politica del risentimento”. Nel clima di generale confusione, per di più, “fake news” e manipolazioni trovano terreno fertile.

Un processo che rispecchia fedelmente, del resto, le trasformazioni della “società liquida” teorizzata da Baumann, in cui prevale l’individualismo, il senso di comunità perde significato, le relazioni interpersonali sono fluide, basate su interessi superficiali e temporanei più che su convinzioni profonde e valori radicati.

I fatti, con puro pragmatismo, possono essere quelli, e sorprende quanto siano attuali le parole pronunziate cent’anni fa da Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare, quando si scagliava contro “la demagogia penetrata nelle ossa dei politicanti italiani” e invitava a seguire altre regole: “È primo canone dell’arte politica essere franco e fuggire dall’infingimento; promettere poco e mantenere quel che si è promesso”.

Da parte nostra, siamo convinti che proprio dalla crisi di oggi possano scaturire nuovi germogli da scoprire e coltivare, a partire da una nuova consapevolezza civile e politica, anche da parte dei cattolici. Seguendo le parole di Vaclav Havel, “la speranza non è una predizione, ma un orientamento dello spirito e del cuore; trascende il mondo che viene immediatamente sperimentato, ed è ancorata da qualche parte al di là dei suoi orizzonti. La speranza non è ottimismo; la speranza è la certezza che quello che si fa ha un senso, che abbiamo successo o meno”.