Il valore dei piccoli borghi montani, laboratori di futuro. Strategie di lotta contro l’abbandono

L’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, prevede che entro il 2050 il 95% della popolazione mondiale si concentrerà nelle aree urbane. Addio dunque ai piccoli borghi che, soprattutto in montagna, faticano sempre più a convivere con profonde trasformazioni culturali e sociali, con la globalizzazione? Lo spopolamento si conferma come un fenomeno irreversibile e una risposta a questo lento dissolversi di storia e di cultura non trova risposte adeguate nell’agenda politica di oggi. Eppure si intensificano i segnali di spegnimento di oltre 800 piccoli centri abitativi e sono resi ancor più visibili dalla chiusura di attività commerciali che dal 2015 è aumentata del 30%. Ad aggravare la situazione è il dato dell’Istat che porta a 6.000 in Italia i luoghi abbandonati, contando anche gli alpeggi. C’è un pezzo d’Italia che rischia di diventare un frammentato reperto museale da visitare e fotografare nelle vacanze estive. Si può fare di più? Il governo ha iniziato a erogare i primi contributi, pari a 12 milioni di euro, previsti dal Fondo nazionale per i comuni montani. Per mantenere in vita i piccoli borghi – dice però l’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (Uncem) – non bastano contributi una tantum, occorre una strategia politica e fiscale che consenta di investire anche nelle piccole aree periferiche. “Stiamo parlando di aree fragili e – afferma Marco Bussone presidente dell’Uncem – un eventuale collasso avrebbe conseguenze su tutto il Paese. Combattendo la desertificazione commerciale si lotta anche contro l’abbandono e lo spopolamento. E magari perché no, si rilancia il turismo in aree ai margini con nuove strutture ricettive”. Non mancano le buone prassi per riportare in vita queste realtà fragili e spesso sono i giovani a sperimentare nuovi percorsi declinando la loro competenza tecnologica con la passione dei pochi e perlopiù anziani abitanti di quei luoghi. Potrebbe sembrare fantasia o utopia ma in questo tentativo si può leggere un inaspettato incontro tra nuova e antica tecnologia, tra innovazione e tradizione, tra creatività di oggi e creatività di ieri. Come non intravvedere nel recupero dei piccoli borghi una possibile scommessa tra il piccolo e il grande, tra il fragile e il forte? Non uno contro l’altro ma l’uno con l’altro perché solo se insieme possono far prevalere la vita sulla sopravvivenza. I piccoli borghi abbandonati o in via di abbandono se, da un lato, chiedono alla politica e all’economia di opporsi alla scomparsa di un pezzo importante di storia e di cultura, dall’altro lato si propongono come originali laboratori di futuro.

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