Ogni nuovo inizio. I bambini sono pronti. Ma i genitori?

“Ma che bello, quindi andrai in prima elementare! Sei emozionato?!”. Ecco, questa frase, negli ultimi mesi, mio figlio se l’è sentita ripetere mille volte. Dai nonnini in coda dietro di noi alla cassa del supermercato, dalle mamme incontrate al parco, da chiunque intuisse la sua età. E lui non si è mai sbilanciato. “Dai Tommy, rispondi alla signora”. Niente. Lui abbassava la testa, tergiversava, cambiava argomento.

Il che, per una madre, significa una cosa: oddio, non la vive bene. Già, di tuo, non sei rilassatissima. Quando lo guardi pensi che sta crescendo troppo in fretta, la notte ti assalgono pensieri, di giorno speri. Che riuscirà a farsi subito nuove amicizie, che la tua decisione di portarlo in una scuola fuori paese e del tutto nuova per lui non sia quella sbagliata, che stare seduto dietro a un banco tutti i giorni dalle 8.30 alle 16.30 non gli pesi troppo.

Ci provi, a riempirlo di belle parole. “Vedrai, sarà una splendida avventura”, ma sotto sotto ti rendi conto che è più te stessa, che devi rassicurare. Poi il fatidico giorno arriva. Zaino enorme (la lista dell’occorrente da acquistare per la prima elementare è infinita e mi pone svariati dubbi che metto a tacere), entusiasmo alle stelle. “Sai perché non ho mai risposto a chi mi chiedeva se ero pronto per le elementari?! Perché non lo so. Non so come sarà, non so come mi troverò. Oggi ti risponderò”.

E mentre lo abbraccio penso che sì, lui è pronto. Io un po’ meno. Penso che siamo noi genitori, ad avere ansie inutili, a costruirci mondi di aspettative da deludere, a correre avanti. Quando ciò che conta è vivere, passo passo. Mi guardo intorno. I bambini se ne stanno tranquilli accanto ai loro zaini (enormi, tutti), una buona metà di loro è di origine straniera. Arabi, africani, cinesi, polacchi. Nella testa di una come me, cresciuta in una famiglia di insegnanti, fa capolino per un attimo il pensiero “cavoli, speriamo che la didattica non ne risenta”.

Poi una mamma cinese mi si avvicina, sorride, inizia a chiacchierare. E provo a cambiare prospettiva, a smettere di guardare la scuola dal punto di vista dei programmi, dello studio, della grammatica e della matematica. La scuola può insegnarti molto di più. Può farti incontrare culture diverse dalla tua, può aprirti la mente, può metterti alla prova, può farti diventare una persona migliore, può regalarti un bagaglio di esperienze da portarti dietro ovunque andrai. Scopro per altro che queste splendide mamme di ogni etnia parlano l’italiano meglio di me. La campanella suona, Tommy saluta con la mano, entra.

“Com’è andata?!”. “Bene mamma. Benissimo. Abbiamo scritto sul quaderno, colorato, costruito palloncini. Abbiamo fatto ginnastica. Abbiamo giocato a rotolarci nell’erba”. Vedo Tommy, vedo. I pantaloni sono da buttare. “Di compiti non ne abbiamo, ma io voglio allenarmi a scrivere bene la data di oggi, almeno 10 volte. Ora facciamo merenda?”. Tienilo stretto Tommy, questo entusiasmo . Io imparo da te. E come primo giorno di scuola non potevo desiderare di meglio.