Papa Francesco: “Oggi ci sono più martiri che all’inizio della vita della Chiesa”

“Oggi ci sono più martiri che all’inizio della vita della Chiesa, e i martiri sono dappertutto”. Lo ha detto il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro davanti a 12 mila persone – tra cui un gruppo di cinesi – e dedicata alla figura di Santo Stefano, il primo martire cristiano. “I martiri non sono ‘santini’, ma uomini e donne in carne e ossa”, ha ammonito Francesco, che ha arricchito la sua catechesi di numerosi interventi a braccio: “sono i veri vincitori”. Come ci insegna Stefano, “non sono i bei discorsi a rivelare la nostra identità di figli di Dio, ma solo l’abbandono della propria vita nelle mani del Padre e il perdono per chi ci offende, ci fano vedere la qualità della nostra fede”.
“Qual è la peggiore zizzania che distrugge una comunità? La zizzania della mormorazione, la zizzania del chiacchiericcio”,
esordisce il Papa, facendo notare che nella Chiesa “i problemi ci sono stati sempre, dall’inizio”. “La comunità non accoglieva solo i giudei, ma anche i greci, persone provenienti dalla diaspora, con cultura e sensibilità proprie”, ricorda Francesco: “Anche con un’altra religione: noi oggi diciamo pagani, e questi erano accolti”. “Questa compresenza determina equilibri fragili e precari; e dinanzi alle difficoltà spunta la zizzania”. “I diaconi sono creati per questo, per il servizio”, spiega il Papa a proposito del ruolo di Stefano:

“il diacono, nella Chiesa, non è un sacerdote di seconda, è un’altra cosa. Il diacono non è per l’altare, è per il servizio: è il custode del servizio per la Chiesa”.
“Noi sappiamo che la calunnia uccide, sempre”, ripete il Santo Padre, definendo la calunnia un “cancro diabolico” che “nasce dalla volontà di distruggere la reputazione di una persona, aggredisce anche il resto del corpo ecclesiale e lo danneggia gravemente quando, per meschini interessi o per coprire le proprie inadempienze, ci si coalizza per infangare qualcuno”.

Tra i sette diaconi della prima comunità cristiana, si distinguono in modo particolare Stefano e Filippo: “Stefano evangelizza con forza e parresia, ma la sua parola incontra le resistenze più ostinate. Non trovando altro modo per farlo desistere, i suoi avversari scelgono la soluzione più meschina per annientare un essere umano, cioè la calunnia e falsa testimonianza”. “Falsi testimoni”, quelli che accusano Stefano: “lo stesso avevano fatto con Gesù e lo stesso faranno con tutti i martiri: falsi testimoni, calunnie”. Stefano, da parte sua, “non usa mezze parole, parla chiaro, dice la verità”, osserva il Papa: “Questo provoca la reazione violenta degli uditori, e Stefano viene condannato a morte, condannato alla lapidazione. Egli però manifesta la vera ‘stoffa’ del discepolo di Cristo. Non cerca scappatoie, non si appella a personalità che possano salvarlo, ma rimette la sua vita nelle mani del Signore”. “E la preghiera di Stefano è bellissima in quel momento”, dice Francesco nel citarla: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”. “E Stefano muore da figlio di Dio perdonando: ‘Signore, non imputare loro questo peccato’”.