La Speransa fra nóter (compàgn d’ö diare). La speranza fra noi (come un diario)

Ivo Lizzola
24.09.2019

Perché una psicosociologa  raffinata e conosciuta in Europa come Franca Olivetti Manoukian ha voluto, in occasione della presentazione del suo ultimo libro a operatori sociali e della cura, scegliere di leggere dalla raccolta Resistènse la poesia di Maurizio Noris sulla speranza?

Certamente per la preziosa risonanza che nelle condizioni della vulnerabilità e della relazione di cura si avverte tra il resistere alla prova, il trovare riparo in altri, l’aprirsi di un possibile ed un desiderio. Ancora, in nuova vita.

Ma anche perché il mistero (insondabile? certo non rappresentabile) della profondità di ciò che si può dare nella danza delle prossimità tra le donne e gli uomini chiede, al fine, una parola particolare, “aurorale” dice Maria Zambrano: quella della poesia.

Donne e uomini che rischiano solitudine e separazione e cercano e sentono di poter mettere in comune la vita (le competenze e lo sfinimento, la forza e la fragilità) sono portati all’origine delle parole. Quelle scambiate in infanzia, quelle sospese e consegnate in fine. La parola della poesia è speranza: di poter serbare la vita (che geme e che freme) e di tesserle in relazioni al limite del comunicabile, in incontri di corpi lontani, eppure capaci di risuonare un poco. Nelle parole-ciotola, offerte, osate, trattenute: come tocchi e come riserbi, come annunci e come appuntamenti.

Sì, il tocco di educatori, operatori sociali, professionisti della cura è (ha da essere) poetico. La loro parola essenziale, come un albero, un pane, una carezza.

(MN) Ricordo bene, Ivo, quel tardo pomeriggio di pochi anni fa, fuori dalla libreria, in centro città. Valter  (Tarchini) aveva organizzato, con la passione e l’affetto che lo segnano anche oggi, la presentazione del libro “Oltre la crisi. cambiamenti possibili nei servizi sociosanitari” di Franca Olivetti Manoukian.

Insieme, noi tre, la stiamo aspettando. Gente in libreria in attesa di iniziare. Io ero stato a Novara quel giorno e avevo ritirato le copie di Resistènse appena stampate. Ne avevo una in mano, da dare a Franca.

Lei arriva, un piccolo fazzoletto svolazzante e sorridente. L’abbracciamo e la salutiamo, io le porgo le “Resistense”, lei lo prende, ringrazia, e mi dice:

– Bello, ci leggerai una poesia nella presentazione del mio libro qui?

– Balbetto un – ma sei matta !? – ma lei mi ha già rimesso il libro in mano e mi chiede di sceglierne una

– Se non lo fai io non faccio la presentazione – dice (immagino) scherzosamente.

Apro agitato il libro a caso: Speransa fra nóter.- Questa? – La leggo, non ricordo se in dialetto o in lingua. Ricordo bene invece i suoi occhi e il suo sorriso, mentre senza dire altro, invita  

– Andiamo dentro…. – 

Così è successo; questa poesia, caricata di maternità  è “nata” in quella tardo pomeriggio di pochi anni fa e “diventa grande” e matura adesso che, come un filo ripreso, a Franca serve per dire  le parole intense della sua “Speransa fra nóter”. E ci si ritrova, noi qui adesso, con tenerezza, come in un diario……

SPERANSA FRA  NÓTER

Che la sgagne pör
la pura
in ghéda del pèss
e ’l invìs no l’sées
che pà crüd
e  dù öcc
per sborentide sömeànse.

Che ’l me cör de cartù
no l’sa dèsfe
a la viamènsa de l’insògn
prima de dientà ènt
che sgórla
e süga,
préda
sènsa sègn.

Ol  tò vis
chèl
impruìs
l’è ’l pòst di stòrie ’nsèma
l’è paìs,
bóca che brüsa
e us che sa pónd.

I tò  öcc de s-cetì
i ma domanda
de rimetì al mónd
ol mónd.

SPERANZA TRA NOI

Che morda pure
la paura
nel ventre del pesce
e il desiderio non sia
che pane crudo
e  due occhi
per spaventate fotografie.

Che il mio cuore di cartone
non si sfasci
alla veemenza del sogno
prima di diventare vento
che sgocciola
e asciuga,
pietra
senza segno.

Il tuo viso
quello
improvviso
è il posto delle storie insieme
è paese,
bocca che brucia
e voce che si ripone.

I tuoi occhi di bambino
mi chiedono
di rimettere al mondo
il mondo.

 

Da Resistènse ed Interlinea 2016

Speranza tra noi
Franca Olivetti Manoukian
02.09.2019

Speranza rimanda a spazio, spazio che possiamo immaginare, che vorremmo ci fosse, che sappiamo che forse c’è e forse non c’è.

Guardare e riguardare lo spazio ( spazio relazionale, spazio cosmico, spazio politico, spazio familiare, lavorativo, spazio creativo….) ci permette di aver paura senza temerla tanto da esserne imprigionati; ci permette di aprire gli occhi, tenerli aperti, ben aperti, non accecati dal desiderio che illude; ci permette di sentire i battiti del cuore prima che si disperdano nel vento, prima che siano sfiancati contro pietre, muraglie di rifiuti e incomprensioni.

Speranza è spazio che si apre nello sguardo, negli sguardi di chi ci è vicino, di quel noi insieme a cui i bimbi ci chiamano: non possiamo non rispondere (è questa la responsabilità), non possiamo dimenticare il paese in cui siamo nati e cresciuti per far nascere e crescere, non possiamo ritrarci, ritirarci, isolarci che è come un andarsene stando fermi, dissiparci come se lo spazio fosse vuoto.

Speranza è resistere: non chiudersi in difesa ad ogni costo contro ogni attacco, perché  se siamo attaccati siamo toccati, forse con gesti malevoli, eppure con-siderati, con-vocati e ri-chiamati a altri scambi e confronti.

Forse sentendoci colpiti in quello che ci sta a cuore, vorremmo proteggerlo, preservarlo, per non sentirci dispersi, smarriti. Se è davvero dentro di noi lo ritroviamo: sta a noi re-inventarlo, riscoprirlo e rimetterlo nel gioco della vita.

Resistere è un ri-esistere nel mondo che cerchiamo di continuare a costruire con la pazienza che apprendiamo nel trascorrere dell’età e con la meraviglia che coltiviamo nel nostro fanciullino interiore.

Non implica fare,  quel fare così spesso invocato come valore concreto. Consiste piuttosto nell’ascoltare segni e segnali, collegarli e ricomporli entro pensieri e azioni in dialogo con le differenze e le disuguaglianze che ci interrogano nella nostra convivenza quotidiana.

Chi è Franca Olivetti Manoukian

Franca Olivetti Manoukian è persona – riferimento tra i più significativi della psicosociologia italiana, alla fine degli anni ‘60 è co-fondatrice dello  Studio APS di Milano. Dice del suo lavoro: Ho lavorato nello Studio dalla sua fondazione svolgendo attività di formazione e consulenza con molte organizzazioni diverse, dalle aziende industriali, agli enti locali, alle aziende sanitarie, al sistema della giustizia, alla scuola, alle cooperative. Entrare in contatto con diversi contesti mi ha permesso di declinare esperienze e competenze acquisite a fronte di nuovi problemi, intraprendendo nuove avventure di conoscenza e di azione. Attualmente sono interessata in particolare ad affrontare la complessità che i cambiamenti generali impongono alle situazioni lavorative e a scrivere di più e meglio quel che riesco a capire per dare più spessore alle concettualizzazioni e per aprire più confronti e scambi.

Con noi bergamaschi ha in cuore comune Vincenzo Bonandrini e tante e intense esperienze sociali e formative fatte insieme. Per noi Franca è una persona cara.