Torna la nostra rubrica #Vieniviaconme: Federico, volontario Aeper, racconta una speciale esperienza di formazione con altri 20 partecipanti di tanti Paesi europei.
Re:Play Gamification in Youthwork è il nome del progetto che ha condotto me e altri 20 partecipanti provenienti da ben 7 Paesi europei differenti – Spagna, Romania, Ungheria, Bulgheria, Lettonia, Finlandia e Italia – a Busteni, una piccola cittadina nel centro della Romania dal 31 agosto al 10 settembre. Si tratta di un corso di formazione facente parte del programma Erasmus+ finanziato dall’Unione Europea. Sebbene in passato io fossi già stato coinvolto in progetti simili, ad esempio come partecipante o youthleader in scambi giovanili, il corso di formazione rappresentava per me un’esperienza inedita. Dal momento che sto studiando per diventare educatore e sono alla costante ricerca di nuove esperienze che possano arricchire la mia formazione e crescita personale ho accettato quasi subito di partecipare. I temi del corso inoltre mi hanno attirato immediatamente: da una parte il riciclo, tema secondo me molto attuale e importante in cui sono determinato a migliorare, dall’altra la Gamification; non sapevo cosa fosse esattamente, ma apprendere che prevedeva l’utilizzo di giochi da tavolo (attività di cui io e i miei amici siamo appassionati) mi ha incuriosito non poco. Il significato di Gamification è diventato più chiaro sul campo: consiste nell’uso di giochi per migliorare l’esperienza educativa, in modo alternativo rispetto all’educazione formale che si riceve a scuola. Con queste premesse mi sono ritrovato a Busteni, più precisamente nella graziosa Gura Diham, in mezzo alle montagne, ai boschi e agli orsi (a quanto pare ce ne sono parecchi in quella zona e sì, li abbiamo visti, sono bellissimi). L’atmosfera nel gruppo era nuova e familiare al tempo stesso: le analogie con gli scambi giovanili sono molte, ma ciò che mi ha colpito sono state le differenze. In primis il tipo di partecipanti: negli scambi giovanili a cui ho partecipato erano per lo più miei coetanei o quando ho ricoperto il ruolo di Youthleader si trattava di ragazzi più piccoli di cui io ero uno dei responsabili adulti; in questo progetto non esisteva alcun limite di età, l’unico requisito era essere maggiorenni. In poco tempo mi sono reso conto di essere il partecipante più giovane. La presenza di soli adulti ha modificato molte dinamiche a cui ero abituato: ad esempio stabilire delle regole per la convivenza è stato molto più semplice e ha richiesto decisamente meno tempo di quanto di solito ne occorre con i ragazzi. Ciò che mi ha sorpreso di più è stata la determinazione e la motivazione degli altri partecipanti; sono caratteristiche contagiose che si sono percepite soprattutto nei momenti di lavoro. Non ricordo di aver mai svolto attività in scambi giovanili con una concentrazione e un’intensità paragonabile. Le attività, già di per sé molto stimolanti, grazie alle qualità del gruppo lo sono state ancora di più. Una delle cose che ho maggiormente apprezzato è stato l’ampio spazio lasciato alla creatività di ciascuno in ogni lavoro; ad esempio, avere il compito di realizzare un oggetto di qualsiasi tipo con un’enorme quantità di materiale da riciclare a disposizione. Con questo approccio si è svolta l’attività più impegnativa e interessante: la creazione di un gioco da tavolo utilizzabile come strumento educativo. L’ambiente in cui lavorare è stato perfetto per lo scopo: sereno e stimolante è stato l’ideale per esprimere al meglio le mie capacità, è stato come se la mia creatività si fosse risvegliata. È stata una vera sfida che ha richiesto molto impegno, pazienza, inventiva e aggiungerei anche un pizzico di ambizione, per questo riuscire a realizzare un prodotto finito è stato ancora più soddisfacente. Portare a termine questo obiettivo e tanti altri della stessa tipologia in un tempo relativamente breve ha reso l’intera esperienza assai gratificante a livello personale; non solo sento di tornare a casa più ricco di competenze a livello personale, culturale, ma la consapevolezza di essere riuscito a ottenere risultati concreti al di sopra delle aspettative mie e altrui mi porta ad avere più fiducia in me stesso e a saper osare un po’ di più in futuro. Non meno importanti sono stati due eventi che abbiamo organizzato durante la settimana: il primo è stato un incontro con alcuni insegnanti della scuola locale ai quali abbiamo mostrato il nostro lavoro e i metodi educativi che stavamo sperimentando; il secondo è stato uno step successivo, abbiamo preparato un pomeriggio di animazione e giochi testati da noi con un grande gruppo di bambini provenienti da un orfanotrofio vicino. Entrambi hanno richiesto un’attenta preparazione, un buon gioco di squadra che ha contribuito a rafforzare la coesione del gruppo e anche un po’ di capacità di improvvisazione (a cui noi Italiani, come al solito, ci siamo affidati non poco, ma sempre con buoni risultati). Sono stati momenti particolarmente emozionanti sia per l’autentico interesse degli insegnanti nel primo caso, sia per il divertimento e i sorrisi dei bambini nel secondo; entrambi hanno dimostrato il significato e il potenziale del lavoro a cui ci siamo dedicati.