Testimoni di fede: i giovani della Scuola di Preghiera in prima linea

“La missione evangelica appartiene a ciascun battezzato”: lo dice il vescovo Francesco Beschi nella lettera pastorale indirizzata a tutte le parrocchie e i fedeli della diocesi di Bergamo. Mettere in pratica questa spinta verso la testimonianza della propria fede, però, non è semplice. È complicato persino immaginare come poter fare un passo del genere, ma alcuni giovani della nostra diocesi si sono messi in gioco per concretizzare quanto scritto dal vescovo. Questi giovani sono i ragazzi che hanno scelto di far parte della Scuola di Preghiera: chi da diverso tempo e chi appena arrivato, tutti danno il loro contributo per offrire una testimonianza di fede viva per gli altri giovani, ma anche per loro stessi.

Far parte della scuola di preghiera

Francesco e Francesca sono due membri dell’equipe di Scuola di Preghiera: hanno in comune il desidero di essere testimoni di fede, ma le loro storie sono molto diverse. “Quest’estate mi è stato chiesto di entrare a far parte dell’equipe di Scuola di Preghiera e ho accettato per una serie di motivi -spiega Francesco Ferrari, giovane di 22 anni-. Innanzitutto, per la fiducia che ho nella persona che mi l’ha proposto ovvero don Carlo Nava. È il mio padre spirituale da diversi anni e credo che le proposte che arrivano da una persona che tiene a te, siano da accettare e valorizzare”.

“In passato avevo già partecipato alla scuola di preghiera e mi è sembrata una proposta di alto livello per i giovani della diocesi. Mi sembrava bello viverla non solo da spettatore, ma anche provare a dare il mio contributo per arricchire la mia esperienza. Un altro motivo è il bel clima che ho percepito finora dall’esterno, ciò che si respira tra i ragazzi dell’equipe. Ho visto entusiasmo, amicizia e affiatamento”.

Francesca, invece, è nel gruppo da diverso tempo. “Essere nell’equipe della Scuola di Preghiera significa avere la grazia di far parte di un gruppo di giovani che ha sperimentato la presenza del Signore nella vita – racconta Francesca Avogadro, giovane di 26 anni -. Per me è stata una sorta di chiamata. Sono stata invitata da don Carlo e penso sia stata la sua fiducia nei miei confronti a farmi scegliere di entrare nel gruppo. Io, a mia volta, mi sono fidata. Noi proviamo a trasmettere ai giovani come noi che il Signore è presente nella loro vita come nella nostra. Seppur in mezzo a mille difficoltà, Lui c’è sempre e ci regala molti doni, sta a noi riconoscerli e rendergli grazie”.

Testimoniare la fede

Scegliere di essere testimoni di fede è un grande passo e, naturalmente, ci possono essere delle difficoltà. “È un compito impegnativo perché la proposta è di livello alto e non so se sarò all’altezza – prosegue Francesco -. Spero di riuscire a dare il mio contributo. Mi aspetto di crescere e imparare molto dal punto di vista della preghiera. Vorrei riuscire a testimoniare ciò che provo in modo che questo tesoro condiviso possa diventare ancora più grande”.

Nonostante i dubbi, se il gruppo è unito nessun ostacolo diventa insuperabile, come spiega Francesca. “Far parte dell’equipe è un grande dono. Mi ha dato l’occasione di conoscere giovani con un entusiasmo, una voglia di fare e una gioia davvero sorprendenti. Sono ragazzi che, come me, sono in cammino e alla continua ricerca del Signore, di ciò che Dio vuole dalla vita di ciascuno. Ho sempre voglia di incontrare i ragazzi di scuola di preghiera. Si è creato un gruppo davvero affiatato. Ci troviamo prima a meditare sulla parola da proporre, poi, in un altro incontro, organizziamo il venerdì di Scuola di Preghiera”.

Storie diverse con un obiettivo comune

I giovani dell’equipe di Scuola di Preghiera arrivano da tutta la diocesi e hanno alle spalle esperienze di fede diverse. Per alcuni l’oratorio ha giocato un ruolo cardine, mentre altri hanno avuto altre occasioni a disposizione. “Rileggendo la mia vita in oratorio, credo che la parola chiave sia fiducia – dice Francesca -. Ho sempre avuto la fortuna di incontrare persone che hanno creduto in me. Questo mi ha permesso di mettere in gioco ciò che potevo dare e ciò che gli altri hanno visto in me. Dal far l’animatrice al servizio in oratorio durante la festa fino all’occasione di fare un’esperienza di convivenza in oratorio rivestendo il ruolo di figura di riferimento. Penso che il Signore mi abbia parlato attraverso le persone che ho incontrato. Ciascuna di loro è un piccolo segno”.

La strada di Francesco è diversa, ma il punto di arrivo è lo stesso. “Nel mio paese d’origine non esiste un oratorio – racconta Francesco -. Non ho avuto, in questo senso, la possibilità di vivere la fede dopo i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Negli ultimi tre anni, però, ho avuto la possibilità di vivere alcune esperienze in altre parrocchie e in diocesi che mi hanno permesso di approfondire la fede. Ho scoperto come vivere un rapporto autentico con Dio. La scuola di preghiera penso dia quel qualcosa in più perché si possono condividere momenti di preghiera con altri 200 giovani e il vescovo Francesco. È un’occasione unica, da prendere al volo”.