Enzo Bianchi e Massimo Cacciari: vivere con cura e avere fiducia nell’altro per “restare umani”

«Restiamo umani»: un’esortazione, un monito, il filo rosso della storia più recente della rassegna delle ACLI provinciali di Bergamo, Molte Fedi Sotto lo Stesso Cielo. «Restiamo umani» è la chiave di lettura proposta all’inizio di ogni incontro da Daniele Rocchetti, presidente delle ACLI, per riconoscere, leggere e arginare «l’emergenza umanitaria» di un Paese in cui si sta diffondendo «una devastazione antropologica e culturale», a scapito della «grammatica dell’umano». E, in un’epoca in cui in cui restare umani non può più essere dato per scontato, Molte Fedi ha chiesto ad Enzo Bianchi e Massimo Cacciari gli strumenti per non perdere l’umanità e sopravvivere all’«imbarbarimento» dei tempi e dei costumi. 

     Cacciari, fedele alla propria narrazione realista e pungente, in maniera assolutamente trasparente e disarmante, ha fornito come nuova grammatica dell’umano la responsabilità individuale: secondo il filosofo, infatti, la condizione umana non è una scelta, ma ciò che fa la differenza nell’esistenza di ogni uomo, già di per sé unica e straordinaria rispetto a quella di tutti gli altri esseri viventi, oltre a costituire quello che lui definisce «un salto nell’evoluzione», è il «miracolo del linguaggio». Per il fatto di possedere una caratteristica che ha permesso alla specie non soltanto di comunicare in maniera articolata e multiforme, ma anche e soprattutto di sviluppare una capacità pensante, l’uomo non deve interrogarsi sulla sua condizione umana, ma, piuttosto, sulla sua aspirazione alla responsabilità: «l’umano è la possibilità», ha sottolineato Cacciari, quella che chiama a decidere in ogni momento chi essere, se divini o animali. L’essenza umana di possibilità e responsabilità, che rende l’uomo «inquieto, instabile e migrante» secondo il filosofo, è il contrappeso alla, oggi tanto agognata, sicurezza. Restare umani, per Cacciari, è vivere con cura, con preoccupazione, quella di interrogarsi quotidianamente sulle scelte con la consapevolezza delle conseguenze future. E, da laico qual è, Cacciari esorta chi si professa cristiano a predicare il Vangelo, quella parola che racconta della divinizzazione dell’umano, per cui se uno crede nel Vangelo, deve quotidianamente testimoniare il proprio amore folle per l’essere umano «da vederlo potenzialmente divino». 

     Alla grammatica dei Cacciari, quella di una responsabile possibilità o di una possibilità responsabile, si intreccia quella di Bianchi, che, da religioso, interpreta la sfida per restare umani attraverso la fiducia nell’altro, «presupposto per avere fede»: la fiducia quale conditio sine qua non dell’esistenza umana è, secondo il monaco, anteporre la fraternità alla religione, perché soltanto nell’incontro con l’altro, nel farglisi prossimo si vive davvero il Vangelo. In un presente contraddistinto, riprendendo il realismo del filosofo, dalla «decadenza della fede e da deboli identità umane e spirituali», la, ormai minoritaria, comunità cristiana, responsabilmente, è chiamata ad interrogarsi sulla sua incapacità di generare persone consacrate, segno, secondo Bianchi, del fatto che oggi si corra il rischio che chi dica di appartenere a Dio e amarlo, lo professi perché incapace di amare e sentirsi parte degli uomini. La possibilità responsabile di Cacciari è la divina responsabilità di Bianchi, che ricorda, di fatto, come all’origine dell’esistenza umana Dio domandi ad Abramo dove sia, cioè chi voglia essere, seguito subito da «dov’è tuo fratello?», perché «è sulla base di queste risposte che si decide il cammino dell’uomo». 

 

Foto ©Clara Mammana