Taranto e Venezia, due emergenze che dovrebbero indurre la politica ad arrendersi a un’evidenza: il Paese non si salverà se non insieme. Si tratta ovviamente di situazioni che hanno una loro irriducibile specificità nelle cause come nelle conseguenze. Eppure in entrambe si scontano lunghissime vicende di malapolitica e di malagestione, quando non di veri e propri reati, e si sperimenta dolorosamente l’intreccio ormai inestricabile tra la questione ambientale e la vita delle nostre comunità. Nonostante ci sia chi si ostini a negarlo, anche nei livelli più decisivi della leadership planetaria.
Al Nord come al Sud, ciascuna di queste emergenze viene vissuta giustamente come un caso nazionale. Il che non significa disconoscere l’impatto che esse hanno prioritariamente sulle comunità locali – sia nel caso di Taranto che di Venezia questa dimensione è drammaticamente concreta – ma essere consapevoli che le ripercussioni e la ricerca di possibili vie d’uscita non sono circoscrivibili a un ambito territoriale ristretto. Sono le stesse comunità locali, del resto, a denunciare errori e omissioni da parte dello Stato e a chiedere ad esso una doverosa assunzione di responsabilità.
Di fronte a queste due emergenze, ma anche ad altre situazioni di crisi acuta come quelle che un maltempo estremo e per certi versi anomalo ha provocato in tutta Italia (anche a causa del persistente dissesto idrogeologico, altra questione di lunghissima data), la tentazione dei piccoli sovranismi regionali mostra tutta la sua inadeguatezza. Che, su scala interna, è analoga a quella dei sovranismi nazionali, destinati a elidersi tra di loro e a lasciare i singoli Stati soli in una competizione in cui solo i colossi possono sperare di sopravvivere.
Il dibattito sull’autonomia “rafforzata” chiesta da alcune Regioni del Nord, ma via via anche da altre, ha ripreso il suo non facile cammino. Per ironia della sorte, la prima riunione della Conferenza Stato-Regioni in cui si sarebbe dovuta avviare la discussione della bozza di legge predisposta dal nuovo governo, è stata rinviata proprio perché i “governatori” erano impegnati nelle emergenze sul territorio. Comunque, alla lettura della bozza preventivamente ricevuta, le reazioni dei vertici regionali interessati erano state molto problematiche, anche se con accenti diversi tra Veneto e Lombardia. La sensazione è che l’esito di questo percorso dipenda più dalle condizioni politiche generali che da un confronto di merito sulle soluzioni prospettate. Se invece si riuscisse davvero a trovare una strada capace di coniugare le potenzialità costruttive del desiderio di autonomia con la necessità inderogabile di una solidarietà effettiva tra i territori, sarebbe una bella sfida positiva per il Paese. Ma un punto dovrebbe essere chiaro: che di tutto gli italiani hanno bisogno tranne che di ulteriori divisioni. Pensando a Venezia e a Taranto.