Le parole “violente” dei salmi. Anche l’imprecazione diventa preghiera

Mi hanno detto che molti salmi che si usano nella liturgia sono stati tagliati perché contengono espressioni violente che potrebbero urtare il lettore. Ma i salmi non sono parola di Dio? Beppe.

Passaggi imbarazzanti

Sì, i salmi sono parola di Dio, mediata dal contesto culturale dell’epoca in cui sono stati scritti. Di alcuni di essi, quelli cosiddetti “imprecatori”, la Chiesa ha omesso le parti più violente, come ad esempio i versetti 10 e 11 del salmo 62: “Ma quelli che attentano alla mia vita scenderanno nel profondo della terra, saranno dati in potere alla spada, diverranno preda di sciacalli”. Oppure diversi parti del salmo 58: «Tu, Signore, Dio degli eserciti, Dio d’Israele, àlzati a punire tutte le genti; non avere pietà dei perfidi traditori. Ritornano a sera e ringhiano come cani, si aggirano per la città. Eccoli, la bava alla bocca; le loro labbra sono spade. Dicono: “Chi ci ascolta?”. Ma tu, Signore, ridi di loro, ti fai beffe di tutte le genti»,ecc. Per il lettore cristiano essi risultano “imbarazzanti”, a causa dello spirito di vendetta che trasuda da molti versetti.

Realmente essi esprimono il desiderio di giustizia e di castigo che abitano spesso il cuore umano quando subisce ingiustizie e oltraggi. Per questo sono difficili da comprendere nel loro vero significato. Scrive sant’Agostino:

I salmi ci ammaestrano sui moti del nostro spirito. Troviamo in essi le parole che convengono al nostro stato di sofferenza e di tentazione. In tal modo le parole dei salmi non soltanto non ci vengono rivolte senza frutto, ma ci ammaestrano su ciò che bisogna dire e fare nel tempo della persecuzione e come ringraziare Dio, cessata l’afflizione”.

La scelta di ometterli, forse, sta nel fatto che non siamo preparati a pregare con espressioni così forti, convinti come siamo che certi sentimenti non è bene esprimerli nemmeno a Dio.

Umanizzare il desiderio di vendetta

Queste preghiere, dai toni accesi e molto forti, possono offrire all’orante la possibilità di dare “parola” ai sentimenti più profondi, specie quelli più violenti dei quali spesso ci vergogniamo; riconoscendoli, possiamo privarli della loro forza distruttrice.

I salmi imprecatori, infatti, tracciano un cammino di umanizzazione del desiderio di vendetta che può abitarci quando siamo esposti a ingiustizie o vendette. Parlare a Dio del nostro desiderio di rivincita, della nostra collera, della nostra indignazione è innanzitutto riconoscere che ci appartengono, accettare che siano in noi come una forza e un’energia positiva. Nessun sentimento che abita il nostro cuore è escluso dalla relazione con Dio! Solo confidando a Lui i nostri sentimenti, possiamo imparare a gestirli in modo sano ed evangelico. Leggendo con attenzione queste preghiere notiamo che il salmista non autorizza la violenza o la vendetta a nessun mortale, ma affida a Dio il compito di compiere la giustizia secondo la sua insindacabile volontà.

Il “nemico” per eccellenza

Ma c’è altro: per la tradizione cristiana i nemici di cui si parla nei salmi imprecatori sono principalmente il demonio, principe del male, dunque il peccato e la morte. I padri della Chiesa danno letture molto belle a riguardo: con la Risurrezione di Cristo, Dio ha incominciato a far giustizia e il principe di questo modo è condannato e cacciato fuori,

Il pericolo che si incorre quando si pregano questi salmi è, tuttavia, quello di identificare “gli empi” o i malvagi con “gli altri” e “il giusto” innocente con il nostro gruppo. Questa è la vera difficoltà nel pregare cristianamente questi salmi che, al contrario, potrebbero essere molto importanti per la nostra vita di fede.