Foto: mons. Renato Marangoni, vescovo di Belluno-Feltre
22 novembre 2019. Il Vescovo di Belluno – Feltre, Monsignor Renato Marangoni, scrive una lettera nella quale invita a un incontro le famiglie che definisce “ferite”, ossia quelle che, attraversando situazioni particolari, hanno vissuto l’esperienza della separazione, o del divorzio, a cui hanno fatto seguito nuove unioni, alcune delle quali giunte al matrimonio civile.
Il vescovo ai divorziati e risposati: “scusate”
Il Vescovo, come prima parola, ha utilizzato un imperativo: “Scusate!”. Mons. Renato ha chiesto scusa, anche a nome della sua diocesi, per le volte che le persone che vivono queste situazioni sono state ignorate, giudicate e criticate, atteggiamenti che hanno condotto molti di questi uomini e donne ad abbandonare le loro comunità parrocchiali. Scrive il Vescovo: “Abbiamo anche per lungo tempo dichiarato che non potevate essere pienamente ammessi ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia, mentre in molti di voi c’era il desiderio di essere sostenuti dal dono dei sacramenti e dall’affetto di una comunità”.
Si percepisce fortemente, leggendo la lettera sul sito della sua diocesi, il desiderio di Mons. Renato di poter far sentire a casa nella Chiesa chi ha attraversato situazioni di particolare difficoltà nella sua vita matrimoniale.
La risposta piccata del prete “militante”
Pochi giorni dopo, quattro o cinque da quanto ho potuto vedere, un sacerdote della sua Diocesi, don Floriano Pellegrini, ha scritto una lettera dai toni accesi al suo Vescovo. Egli, già dalla prima riga, definisce la lettera di Mons. Marangoni “un capolavoro di falsità” che “sorprende e indigna”. Accusa il Vescovo di parlare solo a nome di quei preti che gli danno ragione (poco più avanti da lui definiti “lecchini”), definisce l’atteggiamento di richiesta di perdono del Vescovo “buonismo da massoni” e a riguardo di quanto il suo pastore scriveva sul tema dei sacramenti negati ad alcune situazioni matrimoniali ferite, così si esprime: “E’ vero, ma non ce ne facciamo una colpa, non è forse questa la dottrina della Chiesa di sempre? Come preti, non siamo stati degli stupidi ma degli obbedienti al Vangelo e il Vangelo parla chiaro”.
Infine, don Floriano, dopo aver messo in discussione le competenze teologiche del suo pastore, afferma che questo, secondo lui, doveva ringraziare i preti che, invece di essere buonisti, erano stati capaci di dire dei no.
Qualche riflessione, se il prete militante permette
Ora, mi permetto qualche riflessione personale. La lettera del Vescovo Renato, essendo pastorale, non approfondisce gli snodi teologici delicati che riguardano le situazioni matrimoniali in difficoltà. Forse, a mio modesto parere (parere di un semplice curato, grazie a Dio non sono Vescovo!), sarebbe stato opportuno un accenno a queste questioni, anche solo per il fatto che la ricezione di Amoris Laetitia di Papa Francesco è tutt’altro che pacifica. Anzi, sta incontrando non poche resistenze e contestazioni.
A don Floriano, dal quale prenderò subito le distanze a livello di pensiero, riconosco un merito importante: non si è nascosto e si è giocato la faccia, esprimendo, seppur con modi e concetti discutibili, il suo pensiero. Questo gli va riconosciuto, perché questo sacerdote, che attacca il suo Vescovo, ha nome e cognome, si sa chi è, quindi con lui si può parlare o gli si può scrivere. Non avrà difficoltà, se vorrà, il Vescovo Renato, a interfacciarsi con il suo prete.
Tuttavia, il discorso di questo prete non è accettabile. Mi verrebbe da dire, in primis, che forse la domanda su quale Vangelo abbia letto e che teologia abbia studiato, andrebbe rivolta a lui. Non mi sembra che nel Vangelo ci sia, da parte di Gesù, alcuna volontà di tener lontano da sé i peccatori; anzi, mi sembra che la misericordia, vissuta nella forma della carità, sia lo stile fondamentale del Signore e del suo Vangelo.
Vangelo, peccatori e misericordia
Inoltre, mi sembra che don Floriano confonda, come spesso fanno coloro che attaccano papa Francesco (quelli sì, per partito preso!), il Vangelo con alcune norme e direttive storiche decisamente problematiche che il Papa attuale ha avuto il merito di riconsiderare e ripensare profondamente. In fondo, se misericordia e perdono sono “buonismo”, i preti cosa dovrebbero fare? Don Floriano lo suggerisce e la sua prospettiva mi terrorizza.
Secondo lui, i preti devono sentirsi a posto in coscienza, perché avendo sempre obbedito a quanto si è sempre fatto, sono stati bravi e fedeli. Quindi, ne deduco, io come prete non devo pensare, ma solo eseguire gli ordini. Il linguaggio di don Floriano mi sembra evocare l’autodifesa di Eichmann nel testo “La banalità del male” di Hannah Arendt: siccome Hitler voleva questo, ossia che deportassi gli ebrei, e io ero fedele al mio capo, allora io non ho colpa, perché ho semplicemente obbedito agli ordini.
No, caro don Floriano, non è così. Io ho sempre obbedito alla Chiesa, come altri confratelli: non sono un battitore libero, ma cerco di capire come vivere il Vangelo con la mia gente e come essere segno della misericordia di Dio per gli uomini. Sono prete per questo.