Goodnight: per strada e nei locali di divertimento notturno accanto ai giovani

Il progetto GoodNight si inserisce nell’area delle dipendenze, nel contesto della limitazione del rischio dell’uso/abuso di sostanze e di facilitazione nell’accesso alla rete dei servizi di aiuto. Nello specifico il progetto realizza interventi rivolti ad adolescenti e giovani nei contesti del divertimento notturno. Questi luoghi sono spesso caratterizzati da forme di consumo e abuso di sostanze stupefacenti legali ed illegali che portano gli utilizzatori ad avere comportamenti a rischio quali: guida in stato alterato, rapporti sessuali non protetti, eventi acuti legati a malori.

La Cooperativa Sociale Aeper è ente titolare del progetto Goodnight, e la rete dei partner è composta da: ATS Bergamo, Comune di Bergamo, assessorato alle politiche giovanili, cooperative sociali Why Not, Itaca e Namastè. Durante l’annualità di progetto, da settembre 2018 a dicembre 2019 il progetto è intervenuto in 7 rave e 4 feste legali svoltesi sul territorio lombardo, oltre a 9 serate presso locali cittadini sul territorio lombardo. In ogni occasione sono stati allestiti un info-point e una chill-out sanitaria, con la presenza di operatori educativi e sanitari specializzati sul fronte della riduzione del danno.

Inoltre sono state organizzati 4 incontri informativi per gestori e baristi di locali cittadini sui temi della sicurezza nei locali e della adozione di accorgimenti gestionali che promuovano la tutela della salute dei clienti rispetto al consumo di sostanze alcoliche. La formazione è stata condotta in collaborazione con Polizia Locale di Bergamo, ATS e progetto Safe Driver. A conclusione del progetto si svolgerà martedì 17 dicembre alle 15, presso lo Spazio Polaresco, un seminario che restituisce i dati quantitativi e qualitativi riferiti allo stesso. In particolare sarà fornita una lettura qualitativa del fenomeno rave, a partire dal racconto diretto degli operatori di Goodnight e con il supporto di Veronica Velasco, ricercatrice di psicologia della salute dell’Università Statale Milano – Bicocca e del giornalista Tobia D’Onofrio, autore del libro ‘Rave new world. L’ultima controcultura’.

Marco, hai in mente un aneddoto che ci aiuti a capire cosa succeda durante un’uscita Goodnight?

In uno degli ultimi rave dei ragazzi mi hanno chiamato perché un tizio era caduto, non si muoveva, non parlava, ubriaco marcio stava per terra con il sopracciglio aperto e sanguinante. I due ragazzi, anche se non lo conoscevano, sono rimasti lì con me per tentare di comunicare con lui. Io l’ho disinfettato, poi lui, che non si reggeva in piedi, è diventato un po’ aggressivo, diceva ‘adesso vi alzo e vi meno’, ma era fuori. Allora lo abbiamo accompagnato in chill-out, abbiamo ripulito la ferita, lui si è addormentato ed è rimasto lì fino alla mattina, quando, raggiunto dal fratello, è tornato a casa avvolto nel telo termico. I ragazzi che consumano alcol sono i primi ad arrivare e gli ultimi ad andarsene.

Questa storia è esemplificativa del nostro lavoro perché la nostra presenza funziona bene anche grazie all’attivazione dei ragazzi: collaborano e aiutano a risolvere le situazioni.

C’è stata una volta che hai avuto la sensazione di maggiore efficacia della vostra presenza?

Tutte le volte penso che abbia senso, altrimenti non lo farei. Sento di fare la differenza perché so che portiamo all’interno delle situazioni di festa un certo tipo di cultura legata alla salute e all’amor proprio. Il messaggio è ‘non bisogna per forza assumere sostanze per divertirsi’, ma anche desideriamo attrarre l’attenzione sul fatto per esempio che alcune sostanze sottovalutate sono invece nocive quanto altre, se non peggio, per esempio l’alcol.

Ultimamente poi ci stiamo concentrando sulle infezioni sessualmente trasmissibili cercando di contrastare questo atteggiamento da roulette russa che i ragazzi a volte hanno avendo rapporti non protetti. Abbiamo in essere una collaborazione con ‘Fast track’ per i test HIV e li somministriamo.

C’è stata una volta che hai pensato: ‘cavolo adesso cosa faccio?’

Sempre, dopo una certa ora, tra l’una e le tre circa, inizia a girare la ketamina e i ragazzi cadono come foglie, sdraiati per terra, assenti, non parlano, ma respiro e polso ci sono. In quei momenti di pieno lavoro, quando arrivano in molti, penso ‘adesso come faccio?’.

Quanto costa una dose di ketamina?

O,1 grammo di ketamina costa 30/40€ e ti stende, soprattutto se non sei abituato o se la assumi con qualcos’altro.

Quanto spendono i ragazzi in una notte così?

Non saprei con esattezza, di certo spendono tutto quello che hanno e condividono tutto quello che hanno, perché la cultura del consumo ha a che fare con la condivisione. Le droghe sintetiche, a parte la cocaina, non costano tanto, sono accessibili economicamente.

Che cosa vi chiedono i ragazzi alla chill-out?

Ci chiedono assistenza nei momenti di crisi, ma alcuni, soprattutto sotto MDMA, vengono per parlare: li chiamiamo ‘gli asciugoni’ perché attaccano bottone e ti raccontano tutta la loro vita, soprattutto con alcune colleghe. Che poi ad un certo punto vedi che sono ‘arrivate’ e allora intervieni a sostegno.

Perché fai questo lavoro?

Perché quando ho iniziato ero impegnato in un servizio per la disabilità grave (un CDD) e mi interessava sperimentarmi in un contesto differente, che mi sollecitava e che, allo stesso tempo, richiedeva una posizione di assoluto non-giudizio. Questo.