Ritrovare la gioia

In queste settimane, continuo a pormi questa domanda: cosa serve di più, oggi, alla nostra comunità cristiana? Non credo la domanda mi sorga per caso.

La parrocchia e i suoi pochi “clienti”

Infatti, ha cominciato a presentarsi dopo diverse riunioni, dall’assemblea parrocchiale in una delle mie parrocchie ai diversi incontri con i genitori delle classi della catechesi nell’altra, accomunati da una presenza abbastanza ridotta di persone. E, come sempre, le persone che hanno partecipato, lo dico sperando nessuno si offenda, né dei presenti né degli assenti, erano quelle che meno avevano bisogno di partecipare, perché già ben inserite nella comunità e, di conseguenza, ben informate sulle proposte che facciamo nelle nostre parrocchie e sul pensiero che ad esse è sotteso.

Il primo istinto, nelle nostre comunità, rischia di essere quello di assumere uno stile lamentoso, con espressioni quali “ecco, non gliene importa nulla”… “ecco, li iscrivono alla catechesi poi sono i primi i genitori a disinteressarsi e a non credere in quanto chiedono per i figli”.

Le lagne non bastano

Non che in queste affermazioni sia tutto sbagliato, però… non possiamo fermarci qui. E nemmeno, personalmente, mi va di fermarmi al semplice “oggi è così, viene chi ci crede veramente… tra qualche anno nella Chiesa ci saranno solo i fedeli convinti”. Anche qui, non è un modo di ragionare che possiamo definire errato: in fondo, è chiaro che questo è lo sviluppo più logico della situazione ecclesiale attuale.

Tuttavia, mi chiedo, noi cristiani cosa facciamo se le cose stanno così? Passiamo il tempo a rimpiangere nostalgicamente un passato che non tornerà? Continuiamo a fare proposte sapendo già che non raccoglieranno molte adesioni, ma che serviranno a noi per dirci, in una sorta di circolo dei depressi, “non ci abbiamo provato, ma nessuno ci capisce e vuole venire alle nostre iniziative?”. Non ho soluzioni a questa situazione di stanchezza che percepisco nelle nostre comunità e a volte anche in noi preti, ma la rilettura (la quinta, credo) di Evangelii Gaudium mi sta aiutando parecchio.

Tornare a rendere attrattivo il Vangelo

Io credo che molto si giochi a questo livello: nella gioia che scaturisce dal Vangelo e che si trasmette nel nostro modo di vivere le relazioni. Penso ai miei ragazzi e mi domando: che voglia può avere un giovane di tornare ad affacciarsi ad una comunità cristiana dopo diversi anni, se vi trova gente costantemente lamentosa o fondamentalmente risentita; e se trova persone che, invece di gareggiare nello stimarsi a vicenda, secondo la preziosa indicazione paolina, cerca ruoli anche a costo di seminare zizzania e malelingue? O è matto, o scappa finché può, perché non trova il Signore e la gioia di seguirlo!

Lo stesso vale, ad esempio, a livello vocazionale: possiamo proporre attività e incontri vocazionali all’avanguardia e accattivanti, ma se i giovani non incontrano preti contenti, che pur nella fatica dei molteplici impegni trasmettono la bellezza del servizio ai fratelli, fondato sulla fede, si rischia di ottenere ben poco.

Io credo vada recuperata la gioia semplice, la bellezza dello stare insieme informalmente e non perché convocati a una riunione fissata nel calendario pastorale, il gusto di pregare insieme. Forse non aumenteranno i numeri: non è questo che conta. Ma certamente chi ci guarderà si porrà delle domande, perché vorrà capire da dove provenga la gioia che ci anima.