“La Vergine delle Rocce di Leonardo: il segreto svelato” è il sottotitolo del volume “La mano dell’Angelo” (Àncora 2019, Collana “Tra Arte e Teologia”, pp. 80, 17,00 euro) nel quale Padre Andrea Dall’Asta, teologo, critico e storico dell’Arte, compie una vera e propria indagine iconografica affrontando un mistero che riguarda uno dei quadri più mirabili della storia dell’Arte.
L’autore del “dipinto misterioso” è Leonardo da Vinci (1452 – 1519), genio e rivoluzionario artista, scienziato, architetto, filosofo, ottico, dalla personalità libera, anticonvenzionale che “non può essere facilmente circoscritta”.
Esistono due versioni della “Vergine delle Rocce” (1483-1486), capolavoro assoluto del Rinascimento.
La prima versione si trova al Louvre di Parigi ed è certamente da attribuire all’artista toscano, ma la sua storia appare sfuggente e inafferrabile.
La seconda versione che si trova alla National Gallery di Londra, diversa per modalità esecutiva e resa pittorica, è più documentata ma la paternità di Leonardo è incerta.
L’attenzione di Padre Dall’Asta si concentra sulla versione conservata al Louvre, e sulla quale si è posto la seguente domanda: “Cosa indica davvero la mano dell’Angelo?”.
In tal modo il gesuita propone una rilettura originale e innovativa di uno dei dipinti più enigmatici di Leonardo, del quale quest’anno ricorrono i cinquecento anni dalla morte.
Abbiamo intervistato Padre Dall’Asta, nato nel 1960 a Fontevivo in provincia di Parma, laureato in filosofia a Padova e in teologia a Parigi, dove ha conseguito il dottorato in filosofia estetica. E’ direttore della Galleria San Fedele di Milano dal 2002 e della Raccolta Lorcato di Bologna dal 2008.
Padre Dall’Asta, è vero che non esiste un solo dipinto di Leonardo che non nasconda uno o più segreti oppure un enigma?
«Molto spesso le opere del passato ci appaiono enigmatiche o ricche di segreti indecifrabili. In realtà, abbiamo perduto o dimenticato il codice interpretativo che era all’origine della loro realizzazione. Si percorrono allora strade improbabili, ricche di interpretazioni fantasiose e stravaganti, dimenticando che le immagini liturgiche, in questo caso la “Vergine delle Rocce” di Leonardo, nascono in un contesto profondamente biblico, teologico, patristico…
Questo approccio non può essere bypassato. Così, la “Vergine delle Rocce” è da sempre stata considerata un’opera tanto affascinante quanto di difficile lettura, in cui il soggetto tematico si presenta misterioso. Ci si è sempre chiesti: di che cosa parla realmente il dipinto? Qual è il suo segreto? La molteplicità delle interpretazioni proposte in questi ultimi anni ha evidenziato come il significato dell’opera sembrava sfuggire a una lettura definitiva».
Chi commissionò il dipinto a Leonardo?
«L’opera fu commissionata dalla Confraternita milanese dell’Immacolata Concezione, avente sede nella chiesa di San Francesco Grande (oggi non più esistente), officiata dall’Ordine dei frati Minori e rappresenta la prima commissione di Leonardo a Milano. Era il luogo in cui venivano sepolti i personaggi illustri della città».
Che cosa rappresenta in realtà il quadro e che cosa sembra voglia comunicare?
«Nella selva interpretativa di questi anni un punto fermo va sottolineato. L’Angelo a fianco di Maria indicherebbe con l’indice della mano destra il Battista, il precursore, colui che riconosce in quell’uomo l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. In questo senso, il dipinto sarebbe una riflessione sulla passione e sulla morte di Cristo in quanto il Battista è colui che riconosce Gesù come l’Agnus Dei.
Tuttavia, com’è possibile giustificare la preminenza simbolica del Battista, tenuto anche conto che nel contratto firmato da Leonardo è richiesto di rappresentare una Madonna col Bambino? Un punto centrale sembra essere sfuggito alle varie letture dell’opera. L’Angelo non indicherebbe infatti il Battista, ma il grembo della Vergine. È questo un dettaglio che non è mai stato osservato, forse proprio perché oggi gli aspetti teologici passano troppo spesso in secondo piano, sono trascurati. La mano è infatti vista di scorcio, non di profilo. È leggermente ruotata verso l’interno. Si tratta di uno scarto pressoché impercettibile, che richiede uno sguardo molto attento per essere notato. Tuttavia, proprio questo scarto permette di individuare la chiave di lettura del dipinto!».
Il segreto della “Vergine delle Rocce”, sta tutto nel “dito misterioso” dell’Angelo?
«Di fatto, si tratta di un aspetto centrale. Se l’Angelo indica infatti il grembo materno, è per significare che il grembo di Maria è la vera grotta, la caverna della fecondità, il luogo dell’Incarnazione. Maria, la fanciulla benedetta sin dal ventre materno, è colei che genera e nell’oscurità di una caverna, nel ventre verginale di una donna, Dio nasce. La redenzione si origina da quel ventre da cui viene alla luce il figlio di Dio. Avvolta dal mantello del colore del cielo quella fanciulla è la Madre.
Certo, la critica ha più volte notato la centralità del ventre di Maria. Tuttavia, non si è mai soffermata sul fatto che la mano dell’angelo indichi il luogo del mistero in quel grembo. L’Angelo non sta dunque indicando il Battista, così come si è sempre interpretato, ma il ventre della Vergine. È questo un aspetto che non deve sorprendere. È infatti un tema centrale della tradizione patristica che pone una continuità precisa tra il ventre di Maria, il luogo della nascita del redentore, e il sepolcro di Cristo, lo spazio della sua morte e risurrezione.
Da questa intuizione tutti gli altri elementi del quadro assumono pienezza di senso e vengono in qualche modo “ri-significati”. Con questa chiave di lettura, emerge come Leonardo non abbia tanto o solo pensato a raccontare una storia, quanto piuttosto a elaborare una riflessione teologica, in cui ogni elemento acquisisce una pienezza di senso, dal paesaggio con le catene montuose, ai ghiacciai che si sciolgono in laghi e fiumi, al luminoso panneggio che cinge il grembo di Maria, dagli elementi vegetali della caverna, come fiori, erbe e piccoli arbusti, al fermaglio del mantello con il “lustro”, dagli occhi abbassati della Vergine, al pilastro centrale che sorregge la grotta, quasi fosse una “capanna”».
Un soggetto, due versioni. La storia della “Vergine delle Rocce” è strettamente legata a un’altra versione che testimonia come il dipinto abbia suscitato nei contemporanei, tra apprezzamenti e riconoscimenti, anche non pochi dubbi e perplessità. Ce ne vuole parlare descrivendo la versione conservata al Louvre?
«Certo, esistono due versioni. La prima non fu accettata probabilmente per questioni economiche, ma il fatto che molti dettagli siano cambiati nella seconda versione lascia supporre che il dipinto non abbia del tutto convinto i committenti. Perché la mano dell’Angelo è stata soppressa nella versione londinese? Dai documenti non lo sappiamo. La centralità del grembo di Maria poteva creare ambiguità con i culti della Madre Terra ancora presenti in Lombardia alla fine del XV Secolo? Forse. In ogni caso, la Vergine delle Rocce ancora oggi ci fa riflettere sul senso più profondo della nostra vita, sulla nostra capacità di essere fecondi e… di lasciarci avvolgere dallo spirito di luce di Dio».