“La cultura e la teologia non servono a nulla”. San Francesco diceva che…

L’importante è pregare, fare carità, darsi da fare… La teologia non serve a niente. Così dice un mio amico, peraltro generoso e sincero. E cita, a riprova della sua tesi, san Francesco. Tu che Francesco lo conosci bene, che cosa dici della convinzione del mio amico? Gianni=

Caro Gianni, è sempre molto delicato citare la figura di qualche santo per avvalorare le proprie tesi, poiché il rischio è di avere uno sguardo parziale, non comprensivo di tutta la sua esperienza. Infatti si pone lo sguardo su un aspetto, dimenticando di collocarlo in un contesto più ampio.

S. Francesco non era un illetterato

Questo lo si può riferire anche alla figura di san Francesco, il quale, nell’immaginario popolare, è conosciuto come l’illetterato, contrario a che i suoi frati si applicassero allo studio. L’esperienza spirituale di san Francesco è unica e singolare: il “giullare” di Dio, l’amante della povertà, è un grande mistico che ha avuto, per grazia, una conoscenza intima e profonda di Dio e del suo mistero. Egli  non ha avuto bisogno di grandi trattati teologici, ma ha attinto dalla sacra scrittura e dalla liturgia la sua sapienza evangelica. Non ha disdegnato lo studio, poiché, ad esempio a frate Antonio, ha dato il permesso di studiare teologia, ma ha condannato lo studio fine a se stesso, fonte di vanità, di potere e di vanagloria.

Per lui ogni dote personale, è dono da restituire al Signore e ai fratelli, non un bene di cui appropriarsi per accrescere il proprio io  e autorealizzarsi.  L’amore folle per Dio, unico bene e unica ricchezza a sufficienza, lo ha spinto ad abbracciare la povertà altissima, non per disprezzo verso le cose create considerate come sorelle ( cfr. il Cantico delle creature), ma come via regale di comunione con Dio e i fratelli. Conoscitore di sé stesso e dell’animo umano, Francesco ha sperimentato la ricchezza come appropriazione e esercizio di potere verso gli altri e di ricerca di gloria; l’ipocrisia di una falsa religiosità fatta di norme e decreti ma lontana con il cuore da Dio, quel   Dio che in Gesù si è fatto carne, nacque e visse povero,  spogliò se stesso sino alla  morte di croce. In una sua ammonizione ai frati usa parole molto forti:

Se tu fossi tanto sottile e sapiente da possedere tutta la scienza e da saper interpretare tutte le lingue e perscrutare in profondità le cose celesti, in tutto questo non puoi gloriarti; poiché un solo demonio seppe delle realtà celesti e ora sdi quelle terrene più di tutti gli uomini, quantunque sia esistito che ricevette dal Signore una speciale cognizione della somma sapienza. Ugualmente, anche se tu fossi più bello e più ricco di tutti e se tu operassi cose mirabili, come scacciare i demoni, tutte queste cose ti sono di ostacolo e nulla ti appartiene, e in esse non ti puoi gloriare per niente; ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo.  

I doni ricevuti vanno restituiti

Anche le opere apparentemente più evangeliche, come la carità e l’impegno,  possono essere fatte per un desiderio di autoaffermazione e di gloria personale. Tenere per sé i propri doni e non restituirli all’Altissimo moltiplicandoli, allontana da ciò che Francesco riteneva fondamentale per i suoi frati e tutti coloro che volevano seguire la sua forma di vita e cioè, avere lo Spirito del Signore e la sua operazione. A frate Antonio così scrisse:

A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco augura salute. Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in questa occupazione tu non estingua lo spirito della santa orazione e devozione, come sta scritto nella regola. Sta’ bene

Caro  Gianni, la sfida per tutti noi non sta tanto e solo in ciò che facciamo,  pur necessario e fondamentale, ma nel come e per chi lo facciamo. San Francesco ci insegna a non essere troppo superficiali e a scrutare il nostro cuore per fare verità su quanto ci muove, sulle intenzioni che sottostanno al nostro fare e agire. Anche dare il nostro corpo alle fiamme non serve a nulla se non è fatto con l’intenzione di una grande carità verso Dio e i fratelli. Tutto quello che facciamo deve essere dentro una relazione con Lui che dà senso al nostro vivere e morire, amare e soffrire, gioire e piangere, pregare e studiare.

Francesco ci insegni ad amare. Ci insegni a capire. Ci darà coraggio di condividere. Condividere è l’espressione di un grande amore. Francesco ci insegnerà a donare sino alla sofferenza, con letizia estrema” (Madre Teresa)