Le grandi paure. Tra coronavirus e tempesta Ciara

Tempi di catastrofi, di grandi catastrofi. Coronavirus continua a mietere vittime e continua a fare paura, molta paura. E’ di pochi giorni fa la notizia di un gruppo di cittadini cinesi che, a Roma, è stato minacciato da tre adolescenti al grido di “Avete il Coronavirus, andate via dall’Italia”, in piazza dei Consoli, al Don Bosco.

L’informazione come un bollettino di guerra

Gli anelli deboli della catena sociale stanno saltando. E non è difficile trovare i motivi. Tutti giorni tutti gli organi di informazione ci martellano con il numero delle vittime. Ora siamo ampiamente oltre i mille. Si ha la sensazione di un bollettino di guerra. I numeri della vittime vengono enormemente ingigantiti dalla paura di chi li ascolta. E la paura è tale che non conosce antidoti.

Non serve dire che sono molto più numerosi i morti per la “normale” influenza. Non serve dire che, in fondo, mille morti rispetto ai sette miliardi e mezzo degli abitanti del pianeta sono un numero molto limitato. E non serve neppure ricordare che con la Spagnola di inizio ‘900 almeno il 3 per cento dell’intera popolazione mondiale morì. Sarebbe come se oggi morissero 250 milioni di persone. E non parliamo della “peste nera” del 1300 (molti l’hanno ricordata in questi giorni). Allora morì circa un terzo della popolazione europea. Solo al pensiero di estendere oggi a livello planetario queste percentuali vengono i brividi.

Ma non serve. La paura fa strage a prescindere. E così tutti ci sentiamo, noi abitanti del mondo, come la cittadella assediata. Il mondo si è rimpicciolito e la paura ingigantita.

Insieme con le notizie che arrivano dalla Cina arrivano quelle dal Nord Europa che riguardano la tempesta Ciara. Dopo aver semiparalizzato l’Europa,  Ciara ha fato sentire i suoi colpi sferzando il Nord Italia con violentissime raffiche di vento che, hanno riferito le cronache, sulle montagne del Piemonte hanno raggiunto i 204 km orari.

Non disponiamo di “distrazioni” attraenti

Sono due eventi molto diversi, ovviamente: l’uno riguarda gli uomini e i loro rapporti. L’altro il rapporto degli uomini con la natura. Ma tutti e due hanno in comune di essere catastrofici e tutti e due al di là delle nostre possibilità di difesa. L’uno rende più pauroso l’altro e si presta a rappresentarne simbolicamente i pericoli: il coronavirus è come una tempesta che si abbatte sull’umanità intera. Poi non è vero che è una tempesta e non è vero che si abbatte su tutta l’umanità. Ma è come se.

Nel Decamerone il Boccaccio racconta che, per evitare il contagio della peste, quella che colpisce la città nel 1348 – è la “peste nera” –  un gruppo di giovani fiorentini – sette ragazze e tre giovani – si ritirano in una bella villa nella campagna fiorentina e lì ingannano le loro paure con dei racconti: sono le mirabili novelle del Decamerone.

Ecco. Oggi non disponiamo di una distrazione nobile come quella dei giovani di Firenze. La paura del coronavirus ci fa rinchiudere in casa, ma anche lì, non è possibile distrarci. Mentre stiamo spiando fuori dalla finestra per vedere se arriva qualche untore cinese, ci pomba sul capo la tempesta Ciara, violenta, inarginabile e ci scoperchia la casa.