La rubrica “Verso l’alt(r)o” offre ogni settimana, ogni venerdì, alcuni spunti di meditazione, preparati per noi da un gruppo di giovani collaboratori dell’Ufficio diocesano Tempi dello spirito. Buona lettura.
“Ricordo ancora quella notte d’agosto, sulla spiaggia, in cui mostravo le costellazioni a mio nipote Giulio, che allora aveva sei anni, e gli raccontavo le loro leggende. Lui, che si chiedeva se si possono trovare colori nuovi o se sono già stati tutti trovati, che mi diceva che il tempo è infinito e che i numeri ce li siamo inventati noi per misurarlo, a un tratto mi chiese perché quando c’è il giorno il cielo diventa azzurro e le stelle non si vedono più. Provai a rispondere con la motivazione scientifica, ma mi rendevo conto che non gli bastava. Allora gli dissi che il buio della notte serviva per vedere le cose che la luce nasconde, perché a volte sono tanto belle da doverle proteggere come si fa con i tesori. Si accontentò e dentro di me io pensai che con le tenebre sempre qualcosa si guadagna e magari è l’essenziale”.
(A. D’Avenia, L’arte di essere fragili)
Anche Il Cantico delle Creature nasce da una notte. Una delle notti più dolorose e tormentate per Francesco; per quell’uomo che, con gli occhi malati tanto da non poter sopportare nemmeno la luce delle candele, percepisce la paura di aver buttato via la vita Ma questa povertà fisica, anziché strapparlo dal suo fondamento esistenziale lo induce a guardare con più passione a quel fondamento. Questa sua preghiera riceve risposta all’alba, con il rinascere di ogni cosa, con la luce purissima del mattino che mostra la bellezza ancora intatta.
Un cantico che ha la sua forza nell’apertura alla realtà limitata dell’uomo che diventa preghiera a Dio, colui che permette a ogni realtà di fiorire o rifiorire anche quando sembra impossibile.
Sant’Ignazio descrive il momento della desolazione, il momento della notte, come occasione che permette di riconoscere tutto ciò che riceviamo come dono. Vivendo sempre e solo consolati, sentendo quella gioia che ci dà vita, infatti. non potremmo essere profondamente grati per quel dono che gratuitamente riceviamo ogni giorno.
In un tempo così particolare come questo, in cui siamo privati di alcuni segni e momenti importanti, in cui siamo obbligati a modificare la nostra routine quotidiana, credo che possa nascere proprio questa occasione: ritrovare l’essenziale. Lodare, cantare e gioire si può sempre, anche quando quello che si canta è un desiderio ancora non attuato, un forse, un punto interrogativo. Lodare, cantare e gioire sicuri che la luce vergine del mattino torna sempre a restituire la bellezza intatta di ogni cosa.