E’ iniziato il conto alla rovescia verso la Settimana Santa che quest’anno arriva in circostanze eccezionali, ancora nel pieno dell’emergenza per il coronavirus-covid-19. Sembra infatti ormai molto probabile che le misure restrittive adottate per contenere l’espandersi della malattia saranno prorogate almeno fino alla metà di aprile. Come vivere, quindi, questi momenti? E come accostarsi alle celebrazioni stando a casa? Questo periodo di isolamento forzato ha potenziato l’attenzione sulla famiglia come “chiesa domestica”, luogo dove continuare la preghiera, la lettura dei testi sacri, la catechesi per i ragazzi.
Alcuni consigli e provocazioni arrivano da don Antonio Torresin, parroco di San Vito al Giambellino a Milano e collaboratore del vicariato per la formazione del clero della diocesi ambrosiana. “Se non potessimo celebrare la Pasqua insieme, nelle nostre chiese aperte, – scrive don Antonio – dovremmo in ogni caso “celebrare la Pasqua”. Ma come? E che significato assumerebbe?
La celebreremmo nelle case. Come il popolo di Israele in esilio – quando appunto era senza tempio, senza sacerdoti – ha iscritto la celebrazione della Pasqua nella ritualità familiare, così dovremmo imparare a celebrare nelle case. Lo faremmo ponendo al centro la Parola di Dio, come le Scritture del Primo Testamento si sono fissate nel tempo dell’esilio, della diaspora”.
Anche in casa si può preparare uno spazio speciale, scegliendo alcuni segni che richiamino la fede: “Lo spazio della casa è chiamato a diventare luogo del culto spirituale, dove «offrire i vostri corpi» (Rm 12,1), come dice Paolo. Le relazioni più intime, se vere, se vissute in Cristo, diventano «tempio dello Spirito» (1Cor 6,19). Accade già , ogni giorno, nella cura del cibo, nella cura del corpo, nella malattia, nell’amore… ma ora tutto questo deve essere celebrato in memoria della Pasqua di Gesù.
Ogni famiglia deve inventarsi uno spazio con dei segni che richiamino la fede: un cero, un crocifisso, una tovaglia particolare che viene messa sulla tavola nei momenti celebrativi… Tutto questo poi potrebbe rimanere come un’esperienza che si può sempre ripetere: possiamo celebrare la fede nelle case, nella vita quotidiana, in ogni giorno”.
Restare in casa, però, non basta, e c’è anche il rischio di dimenticarsi di essere parte di una comunità , di tenere viva una dimensione più ampia, perché la fede non può essere ridotta a un fatto personale e individuale, come ricorda don Antonio: “Poter ascoltare anche una parola che viene dalla nostra parrocchia, richiama il legame più prossimo con una concreta comunità di credenti. Per questo è utile che i mezzi di comunicazione rendano possibile ascoltare, restando a casa la parola della Chiesa”.
L’atteggiamento durante la celebrazione, non può essere però soltanto passivo, come un interludio tra una serie tv e un talk show: “Tutta l’assemblea è soggetto celebrante, ovvero ogni credente deve imparare non ad “assistere” ma a celebrare attivamente. Ora può e deve farlo, altrimenti rimane un vuoto incolmabile. Questo in realtà è vero sempre: in ogni celebrazione, anche in quelle che normalmente facevamo nelle nostre chiese, anche in quelle solenni nelle cattedrali, il soggetto celebrante è tutta l’assemblea!”.
Questo periodo di quarantena e inattività forzata può essere particolarmente difficile anche per i sacerdoti: “Qualcuno è preso da un’ansia compulsiva di fare qualcosa. Si moltiplicano le messe via web, i messaggi vocali, i gruppi whatsApp che scambiano forsennatamente altri messaggi altri video… mi sembra che tutto questo provochi una cacofonia che manca di misura. Troppe parole, per nascondere silenzi imbarazzanti. Forse i preti si sentono inutili, impotenti, privi del ruolo che prima sembrava (siamo sicuri?) certo. Credo che sia importante trovare una misura tra il desiderio di stare vicini alla gente – sacrosanto – e la capacità di accettare un vuoto, un’impotenza, un tempo “inoperoso”. Solo se si ha la fede per entrare in questo tempo sospeso, in questa mancanza, forse si potranno regalare parole che nascono dal profondo, che sgorgano da un silenzio pieno di ascolto”.
Nell’articolo completo di don Antonio che potete leggere qui ci sono anche alcuni suggerimenti concreti per vivere il triduo pasquale. E qui sotto un pdf da scaricare con alcuni consigli “pratici” per vivere la Messa a casa anche con il corpo e con tutti i sensi.