Covid-19: “Il turismo sarà il settore più colpito dalla crisi: più difficile il contatto tra estranei e lo scambio di case”

Fra i settori più colpiti dalla crisi legata alla diffusione del coronavirus c’è sicuramente quello del turismo, ma gli effetti si allargano a tutti gli aspetti della vita, che sicuramente una volta usciti da questo periodo difficilissimo, sarà molto diversa. Ci servirà una bella dose di creatività, come sottolinea Carla Lunghi, docente di sociologia generale all’Università Cattolica di Milano, autrice con Laura Bovone, docente di sociologia della comunicazione nello stesso ateneo del saggio “Italia Creativa” (Donzelli). Per leggere l’intervista a Laura Bovone clicca qui.

Dottoressa Lunghi, come è il turismo nell’epoca del web 2.0? 

«Iniziamo dicendo che il turismo sarà sicuramente il settore più martoriato dalla crisi del Coronavirus. Il turismo 2.0 è più personalizzato, perché le varie piattaforme di viaggi, passaggi e ospitalità hanno permesso di sviluppare delle forme di turismo, che danno la possibilità di ritagliarlo sulle scelte e sui gusti dei viaggiatori. Grazie all’applicazione del web si ha anche la possibilità di usufruire di forme di ospitalità più amichevoli, meno impersonali, come quelle offerte dagli alberghi o dalle strutture tradizionali. Le piattaforme tipo  “Airbnb” o “BlaBlaCar” mettevano a sistema questa nuova forma di condivisione tra estranei, potenziata da internet, ma in futuro questa condivisione tra estranei probabilmente non sarà così fiorente considerato quello che è successo in questo periodo. Questo era un turismo che dava accesso ai luoghi più dall’interno, tramite la mediazione di persone del luogo, di insider, però ho l’impressione che saranno queste forme di turismo che maggiormente subiranno un impatto negativo quando la crisi causata dal Coronavirus avrà fine».

Si possono avere livelli soddisfacenti di benessere e di qualità della vita, coniugando pratiche antiche con i nuovi strumenti digitali e tecnologici? 

«Sì, la diffusione di questi strumenti tecnologici, che hanno permesso la propagazione delle pratiche di condivisione e sostenibilità, hanno consentito di mantenere dei livelli di benessere ai quali non si poteva più arrivare dai tempi della crisi del 2008. La crisi aveva seriamente minacciato il mantenimento dei livelli di benessere raggiunti fino a quel momento, l’utilizzo di queste pratiche di condivisione digitale ha consentito di mantenere questi livelli. Per esempio le piattaforme dedicate al turismo che ho citato prima, hanno concesso anche a chi non si poteva più permettere una casa di proprietà o in affitto al mare di poter fare una vacanza senza spendere tanto. Quindi questi strumenti hanno consentito a molte persone di continuare a mantenere gli stessi stili di vita. Dal punto di vista del contenuto, non sono pratiche che ha creato la sharing economy, l’economia collaborativa, le ha messe a sistema ed estese dall’ambito dei conoscenti all’ambito di persone che non si conoscono. La crisi che stiamo vivendo dovrà cambiare queste modalità digitali della sharing economy, che sfruttavano un allargamento della rete. Era la piattaforma che garantiva la fiducia in mancanza di una conoscenza diretta. Adesso è proprio la conoscenza diretta è il punto debole di questa situazione». 

Quanta creatività dovranno tirare fuori gli italiani quando l’emergenza Coronavirus sarà finita?

«Tanta. Non sappiamo ancora come e quando, anche perché siamo tutti sotto shock, questa è una crisi assolutamente nuova. Le crisi precedenti, penso anche alle guerre, riguardavano soprattutto i beni materiali, ma allora le relazioni hanno permesso di superare i “minus” creati dalla mancanza di beni e di servizi. Adesso ci troviamo in una situazione inusuale: purtroppo in futuro mancheranno anche i beni e i servizi, però nell’immediato mancano le relazioni. Ho l’impressione che gli italiani, che sono sempre stati creativi e da sempre conoscono l’arte di arrangiarsi e ogni volta dopo una guerra, una crisi economica hanno sempre risalito la china, ce la faranno anche questa volta. Abbiamo speranza sulla creatività italiana».