Tra qualche giorno sarà la settimana santa. Settimana santa dell’epidemia, con le chiese spopolate, e le poche, pochissime cerimonie offerte in televisione.
Papa Francesco e la piazza s. Pietro vuota
L’anteprima, drammatica, di questa settimana spopolata l’aveva offerta Papa Francesco, lo scorso 27 marzo con la preghiera e la benedizione Urbi et Orbi davanti a Piazza san Pietro vuota, battuta dalla pioggia.
Quelle immagini parlavano proprio con quel vuoto e dicevano, con una paradossale grandezza, qualcosa di quello che si ricorderà nella settimana santa che sta per cominciare. Il Papa solo sale verso la basilica. Parla a una piazza dove nessuno ascolta. La sua è una strana, inquietante liturgia, che non è codificata in nessuna messale, ma che dice con una straordinaria efficacia.
L’uomo del Golgota muore solo
Il Crocifisso del venerdì santo muore solo. Anche i suoi amici l’hanno abbandonato. Sono rimaste soltanto le donne e il discepolo prediletto. In questi giorni i credenti raccontano la morte del loro Signore con la pretesa di dire qualcosa non solo di lui, ma anche di noi. Non è difficile, in questi giorni di coronavirus. La solitudine del Golgota rimanda alle tante atroci solitudini dei molti che se ne sono andati in questi giorni.
Piazza san Pietro vuota dice qualcosa anche della Chiesa. Nella piazza cuore della cristianità non c’era quasi nessuno fedele ad ascoltare il Papa e a pregare con lui: soltanto gli inservienti e pochi altri. La Chiesa esiste solo per rimandare al mistero di cui è testimone: il mistero della morte e della risurrezione del suo Signore. In questa settimana santa la presenza della Chiesa si è come assottigliata, quasi fino a sparire. L’assenza della Chiesa e delle sue liturgie può rimandare alla presenza misteriosa di colui che muore e risorge. Questa è essenziale e per questa soltanto vive, parla e prega la Chiesa.