Papa Francesco: preghiamo per gli anziani che hanno paura di morire da soli

Preghiamo oggi per gli anziani, specialmente per coloro che sono isolati o nelle case di riposo. Loro hanno paura, paura di morire da soli. Sentono questa pandemia come una cosa aggressiva per loro. Loro sono le nostre radici, la nostra storia. Loro ci hanno dato la fede, la tradizione, il senso di appartenenza a una patria. Preghiamo per loro perché il Signore sia loro vicino in questo momento”. È l’intensa preghiera con cui il Papa ha cominciato la Messa di oggi a Santa Marta, tramessa in diretta streaming e offerta per tutti coloro che soffrono a causa del coronavirus. “La nostra fedeltà non è altro che una risposta alla fedeltà di Dio”, ha detto Francesco nell’omelia: “Dio che è fedele alla sua parola, che è fedele alla sua promessa, che cammina con il suo popolo portando avanti la promessa vicino al suo popolo. Fedele alla promessa: Dio, che continuamente si fa sentire come Salvatore del popolo perché è fedele alla promessa. Dio, che è capace di ri-fare le cose, di ri-creare, come ha fatto con questo storpio dalla nascita che gli ha ri-creato i piedi, lo ha fatto guarire, il Dio che guarisce, il Dio che sempre porta una consolazione al suo popolo. Il Dio che ri-crea. Una ri-creazione nuova: questa è la sua fedeltà con noi. Una ri-creazione che è più meravigliosa della creazione”. “Un Dio che va avanti e che non si stanca di lavorare per portare avanti il popolo e non ha paura di stancarsi”, il ritratto del Papa: “Come quel pastore che quando rientra a casa si accorge che gli manca una pecora e va, torna a cercare la pecora che si è perduta lì. Il pastore che fa gli straordinari, ma per amore, per fedeltà… E il nostro Dio è un Dio che fa gli straordinari, ma non a pagamento: gratuitamente. È la fedeltà della gratuità, dell’abbondanza. E la fedeltà è quel padre che è capace di salire tante volte sul terrazzo per vedere se torna il figlio e non si stanca di salire: lo aspetta per fare festa. La fedeltà di Dio è festa, è gioia, è una gioia tale che ci fa fare come ha fatto questo storpio: entrò nel tempio camminando, saltando, lodando Dio. La fedeltà di Dio è festa, è festa gratuita. E festa per tutti noi”. “La fedeltà di Dio è una fedeltà paziente”, ha spiegato Francesco commentando l’episodio dei discepoli di Emmaus: “Ha pazienza con il suo popolo, lo ascolta, lo guida, gli spiega lentamente e gli riscalda il cuore, come ha fatto con questi due discepoli che andavano lontano da Gerusalemme: scalda loro il cuore perché tornino a casa”. “La fedeltà di Dio sempre ci precede e la nostra fedeltà sempre è risposta a quella fedeltà che ci precede”, ha commentato il Papa: “È il Dio che ci precede sempre. E il fiore del mandorlo, in primavera: fiorisce per primo. Essere fedeli è lodare questa fedeltà, essere fedeli a questa fedeltà. È una risposta a questa fedeltà”. Il Papa ha terminato la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica, invitando a fare la Comunione spirituale. “Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e Ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverTi sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io Ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che mi abbia mai a separare da Te”.

All’udienza il Papa ha sottolineato che “la pace va cercata sempre e comunque”, perché “l’amore è sempre creativo”. “Chi sono  gli operatori di pace”? È a questa domanda che risponde la settima Beatitudine, “la più attiva, più esplicitamente operativa”. Lo ha spiegato Papa Francesco durante la catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano. “L’espressione verbale è analoga a quella usata nel primo versetto della Bibbia per la creazione e indica iniziativa e laboriosità”, ha proseguito Francesco: “L’amore per sua natura è creativo – l’amore è sempre creativo – e cerca la riconciliazione a qualunque costo”. “Sono chiamati figli di Dio coloro che hanno appreso l’arte della pace e la esercitano, sanno che non c’è riconciliazione senza dono della propria vita, e che la pace va cercata sempre e comunque”, l’identikit dell’operatore di pace: “Sempre e comunque, non dimenticare questo, va cercata così!”, ha aggiunto il Papa a braccio: “Questa non è un’opera autonoma frutto delle proprie capacità, è manifestazione della grazia ricevuta da Cristo, che è nostra pace e ci ha resi figli di Dio”. “La vera shalòm e il vero equilibrio interiore – ha concluso Francesco – sgorgano dalla pace di Cristo, che viene dalla sua Croce e genera un’umanità nuova, incarnata in una infinita schiera di santi e sante, inventivi, creativi, che hanno escogitato vie sempre nuove per amare. I santi, le sante che fanno la pace. Questa vita da figli di Dio, che per il sangue di Cristo cercano e ritrovano i propri fratelli, è la vera felicità. Beati coloro che vanno per questa via! E Di nuovo buona Pasqua a tutti, nella pace di Cristo!”.

“La pace di Gesù è un’altra pace di quella mondana”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca del Palazzo apostolico vaticano, si è soffermato sulla settima Beatitudine: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. “Domandiamoci: come dà la pace il mondo?”, l’invito di Francesco: “Se pensiamo ai conflitti bellici, le guerre si concludono, normalmente, in due modi: o con la sconfitta di una delle due parti, oppure con dei trattati di pace”. “Non possiamo che auspicare e pregare perché si imbocchi sempre questa seconda via”, ha commentato il Papa, “però dobbiamo considerare che la storia è un’infinita serie di trattati di pace smentiti da guerre successive, o dalla metamorfosi di quelle stesse guerre in altri modi o in altri luoghi. Anche nel nostro tempo, una guerra ‘a pezzi’ viene combattuta su più scenari e in diverse modalità”. “La storia è un’infinita serie di trattati di pace smentiti da guerre successive, o dalla metamorfosi di quelle stesse guerre in altri modi o in altri luoghi. Anche nel nostro tempo, una guerra ‘a pezzi’ viene combattuta su più scenari e in diverse modalità”. “Dobbiamo perlomeno sospettare – l’invito di Francesco – che nel quadro di una globalizzazione fatta soprattutto di interessi economici o finanziari  la ‘pace’ di alcuni corrisponda alla ‘guerra’ di altri. E questa non è questa la pace di Cristo!”.

“La pace di Cristo è frutto della sua morte e risurrezione”. Lo ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca del Palazzo apostolico vaticano, si è soffermato sulla settima Beatitudine: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. “La pace di Cristo è frutto della sua morte e risurrezione”, ha esordito Francesco, secondo il quale “per capire questa beatitudine bisogna spiegare il senso della parola ‘pace’, che può essere frainteso o delle volte banalizzato”. “Dobbiamo orientarci fra due idee di pace”, ha spiegato Francesco: “La prima è quella biblica, dove compare la bellissima parola shalòm, che esprime abbondanza, floridezza, benessere. Quando in ebraico si augura shalòm, si augura una vita bella, piena, prospera, ma anche secondo la verità e la giustizia, che avranno compimento nel Messia, principe della pace”. C’è poi “l’altro senso, più diffuso, per cui la parola pace viene intesa come una sorta di tranquillità interiore – sono tranquillo, sono in pace – questa è un’idea moderna, psicologica e più soggettiva. Si pensa comunemente che la pace sia quiete, armonia, equilibrio interno”. “Questa accezione della parola pace è incompleta e non  può essere assolutizzata, perché nella vita l’inquietudine può essere un importante momento di crescita”, il monito del Papa: “Tante volte – ha aggiunto a braccio – è il Signore stesso che semina in noi l’inquietudine per andare incontro a lui, per trovarlo. In questo senso è un importante momento di crescita. Mentre può capitare che la tranquillità interiore corrisponda ad una coscienza addomesticata e non ad una vera redenzione spirituale”. “Tante volte il Signore deve essere ‘segno di contraddizione’, scuotendo le nostre false sicurezze, per portarci alla salvezza”, ha osservato Francesco: “In quel momento – ha aggiunto a braccio –  ci sembra di non trovare pace, ma è il Signore stesso che ci mette su questa strada per trovare la pace che lui dà”.