Una strana Pasqua piena di morti

E’ stata una pasqua in cui si è dovuto parlare di risurrezione in mezzo ai morti. Perché i malti di coronavirus hanno continuato a morire. Un mio amico – che è comunque credente – sostiene che questo contrasto è il segno della sostanziale inefficacia del cristianesimo. Siamo “costretti” a parlare di verità che la storia concreta smentisce. Tu cosa ne pensi? Giuseppe

Sì, caro Giuseppe, la Pasqua di Risurrezione che stiamo celebrando è particolarmente difficile. Dolorosi e strazianti lutti hanno sconvolto l’esistenza di tante famiglie e le restrizioni, a cui siamo tutti soggetti, ci hanno depauperato di relazioni, di affetti e di quella “libertà” a cui eravamo abituati. Dal cuore di molte persone emergono spesso interrogativi, dubbi, desideri di capire il senso di quanto è accaduto e il significato di tantissime morti! L’annuncio pasquale appare in contrasto con la realtà. Per certi aspetti, esso ha assuntole caratteristiche di un “urto” frontale e potente, con quanto stiamo attraversando, suscitando domande: “Che senso ha celebrare la Pasqua di Risurrezione del Signore ed annunciare la sua vittoria sulla morte, se quanto stiamo attraversando è un lungo Venerdì santo? Come è possibile integrare l’evento di della Risurrezione con questa cruda realtà?”.

Una Pasqua a fior di pelle

Anche in monastero è giunto l’eco di questo tremendo “botto” che, inizialmente, ci ha disorientato! Molte persone ci hanno contattato per condividere i loro drammi, le loro sofferenze, e affidarsi alla “impotenza” della nostra preghiera e trovare consolazione e sostegno.

Nessun Venerdì santo è separato dal mattino di Pasqua, lo sappiamo molto bene! Tuttavia, ci è difficile, oggicredere al mattino di Pasqua e proclamare la nostra fede in Gesù risorto dai morti!

Il Triduo pasquale, che abbiamo celebrato da pochi giorni, ha toccato nel vivo la nostra carne, ha sconvolto le nostre viscere, ha lacerato i nostri cuori. Quest’anno la passione di Gesù non è stata letta solo nelle Chiese, ma si è rinnovata nella nostra carne! Molti di noi hanno vissuto il Venerdì santo con la morte nel cuore, proprio come Gesù, e il silenzio, che caratterizza da sempre la liturgia del Sabato santo, lo abbiamo percepitoa “fior di pelle”; anche noi, proprio come gli apostoli la sera di quei lungi giorni, siamo sgomenti e smarriti;l’attesa della risurrezione pare non finire più!

Quest’anno abbiamo vissuto la Pasqua del Signore veramente e concretamente, come mai prima d’ora e forse in modo più autentico! Purificati dai tanti orpelli che rendono spesso le nostre solennità più simili a feste mondane, abbiamo celebrato davvero il mistero di passione, morte e risurrezione del Signore, giungendo al cuore di tale evento.

Una Pasqua fiorita negli ospedali e nelle case

Dove sono però i frutti della Pasqua? Dov’è la spiga germinata dal seme caduto nel solco della terra? Dove è la vita che non conosce tramonto predicata dai pulpiti? Che volto ha la speranza cristiana?

La Risurrezione del Signore non è una bacchetta magica che cancella la morte! La Risurrezione del Signore fa germogliare la vita proprio là dove ha la morte ha sferzato il suo colpo terribile, e non altrove!

Questo è il paradosso cristiano! Questa è la speranza che ha dato la forza a tanti martiri di andare incontro alla morte. La Pasqua del Signore non baipassa il dolore, ma dona la forza di attraversarlo interamente, sostenuti dalla certezza che Egli ci è vicino, è con noi!

Le primizie di questa Pasqua di Risurrezione, allora, ce le mostrano concretamente i medici e gli infermieri delle terapie intensive che si donano senza riserve a costo di compromettere la loro salute; ce la racconta il medico, che benedicendo i malati e i moribondi, come ha chiesto loro il nostro vescovo Francesco, ha sperimentato concretamente cosa significhi rinascere interiormente creatura nuova; ce le testimonia quel il sindaco commosso nel constatare di quanta solidarietà sono capaci gli abitanti del proprio paese.

I frutti della Risurrezione li intravvediamo nella solidarietà tra vicini di casa, disponibili ad aiutarsi “barattando” gli alimenti di prima necessità, per far fronte all’emergenza economica; li riconosciamo nella dedizione smisurata dei nostri sacerdoti, del nostro Vescovo Francesco che sta accompagnando, con squisita delicatezza e vicinanza, la nostra diocesi in questo tratto doloroso e difficile del suo cammino; li constatiamo in molte famiglie che, obbligate a vivere questa “clausura forzata” e forse difficile, riscoprono i legami familiari e la bellezza di prendersi cura vicendevolmente; la vediamo nei numerosissimi volontari che in pochissimi giorni hanno dato vita all’ospedale da campo, e ancora nella solidarietà tra i popoli e le nazioni.

La risurrezione del Signore, dunque, non ci promette che tutto andrà bene, ma che tutto, proprio tutto, – anche questa terribile pandemia, – concorrerà al bene, al nostro bene e a quello dell’intera umanità.