L’emergenza globale sanitaria causata dal Covid-19 ha modificato radicalmente le abitudini di ciascuno di noi. In poche settimane è diventato normale quello che finora sembrava impensabile: indossare mascherine protettive, fare scorte di beni essenziali, annullare qualsiasi incontro sociale e di affari, dimenticarsi di viaggiare, se non con la propria fantasia, e riorganizzare il lavoro, gli studi scolastici e universitari all’interno delle mura domestiche.
Ormai lo sappiamo: gli effetti di queste nuove abitudini dureranno a lungo, perché il confinamento causato dal coronavirus si allenterà cambiando le strategie delle imprese e i consumi planetari. Forse il peggio è alle nostre spalle e possiamo iniziare a pensare alla Fase 2, che, se tutto va bene, dovrebbe iniziare dopo il lungo ponte del 1° maggio, dal 4 maggio, cioè al momento in cui le attività produttive (aziende e negozi) inizieranno a riaprire i battenti, salvo differenze tra varie regioni in funzione dell’andamento virologico territoriale.
Occorrerà quindi imparare a convivere con il virus, ci sarà distanza tra estranei fino a due metri, ma anche i rapporti con amici e parenti dovranno essere ancora distaccati. Saranno dunque varate dal Governo una serie di misure destinate a cambiare radicalmente i nostri stili di vita per lungo tempo.
Ne parliamo con Mauro Magatti. professore di Sociologia presso l’Università Cattolica di Milano e editorialista del “Corriere della Sera”.
Terminata l’emergenza Covid-19, quanto ci vorrà prima di poter ritornare alla normalità e che cosa dovremo fare per costruire nuove abitudini quotidiane. Molte cose dovranno cambiare in maniera radicale rispetto al passato?
«Nessuno sa cosa ci aspetta e quanto tempo ci vorrà prima di tornare alla normalità, perché le conoscenze che abbiamo su questo virus, la diffusione, l’evoluzione sono ancora scarse. Sappiamo che non c’è un vaccino, non ci sono cure, quindi non abbiamo idea di quanto tempo ci vorrà. La normalità non esiste fino a quando non avremo delle cure disponibili. Al momento non ci sono, gli scienziati dicono che occorrerà almeno un anno per avere il vaccino, salvo miracoli. L’estate un po’ ci aiuterà, nel senso che rallenterà la diffusione del virus, che resterà con noi. Usciremo di casa con mascherine e guanti. Quando torneremo a casa ci laveremo le mani, per non doverci rientrare dopo un mese in condizioni peggiori. Dobbiamo capire tutti quanti che dobbiamo osservare una serie di regole, come quella del distanziamento sociale. Dovremo rinunciare ad alcune cose, si andrà avanti, passo per passo, perché quello che accadrà non lo sa nessuno».
Visto e considerato che già sappiamo che la ripresa sarà lenta e graduale, quali saranno le ricadute sulla visione della vita e del futuro, visto che il coronavirus ci obbligherà a un nuovo modo di vivere e relazionarci?
«Queste sono domande aperte, diciamo, perché, ripeto, nessuno lo sa. Possiamo delineare degli scenari, per esempio, c’è uno scenario negativo che si tratteggia a partire dai problemi economici e occupazionali. La crisi sanitaria diventa crisi economica, la crisi economica diventa crisi sociale, la crisi sociale diventa crisi politica. Questo è lo scenario negativo e, ahimè, quello più probabile. La via alternativa è quella di togliersi dalla testa che si tornerà alla vita vissuta fino al dicembre 2019. Le nostre vite sono destinate a cambiare, tutti dovremo essere più responsabili, stando attenti ai nostri comportamenti. Tutti gli italiani dovranno dare il loro contributo per una ricostruzione che non passa da ricostruire case, ponti, infrastrutture, ma ci chiama a ricostruire un’economia, una società nuova. La soluzione è avviare una trasformazione affrontando una serie di problemi che ci portiamo dietro da decenni: la burocratizzazione, la sostenibilità, la ridefinizione dei modi di lavoro e la sicurezza sul lavoro. Bisogna identificare una serie di oggetti su cui trasformare il nostro modo di essere e di vivere in maniera tale che invece di finire nel burrone, riusciamo a generare una società diversa».
“Non ci sono veri esperti, nessuno è competente in tutti i campi che servono. Industrie, scuola, cinema: ci vorrà destrezza per riaprire tutti i rubinetti. Mettiamo in conto un po’ di scontento e prepariamoci a una nuova routine”. Quindi “ci aspetterà un anno da alieni”. Mentre il Presidente Mattarella in un messaggio per i 500 anni dalla morte di Raffaello si augura che si possa uscire dall’emergenza sanitaria prendendo esempio dall’artista e l’augurio che “da quello spirito rinascimentale che rese impareggiabile l’arte di Raffaello si possa trarre energia per una ripartenza dell’Italia e dell’Europa”. Che cosa ne pensa?
«Ci aspetta un anno da uomini, intendendo uomini e donne naturalmente. Tra la definizione negativa di Giordano e il messaggio positivo del Presidente della Repubblica che ha citato, la differenza la faranno le persone, cioè gli uomini e le donne che saranno capaci di vincere la paura e affrontare con coraggio e generatività sociale le sfide che hanno davanti, come sempre nella vita. Negli ultimi trent’anni abbiamo pensato che la vita fosse solo fare cose belle e divertenti, ognuno per i fatti propri… Eravamo alieni prima, forse questa è l’occasione per tornare uomini».
È innegabile che l’emergenza Coronavirus abbia spinto la vita di tutti verso il digitale, pensiamo al boom della spesa on line. Questo cambiamento ridefinirà i modelli produttivi e i consumi nei prossimi anni esattamente come accaduto in precedenti crisi economiche?
«Sì, ci siamo accorti che il digitale, che ha una serie di limiti e di pericoli, può essere sfruttato molto di più di come lo stavamo sfruttando. C’è bisogno di superare il “digital divide”, cioè il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso, in modo parziale o totale. Occorre allargare la banda, c’è bisogno che tutti abbiano accesso a questi strumenti e c’è bisogno di organizzare il nostro modo di produrre e di vivere. Non c’è l’off line e l’on line, c’è l’on life, noi siamo on life, una parte del lavoro lo si fa a casa, partecipiamo alle funzioni in streaming, ora le lezioni scolastiche stanno avvenendo attraverso il digitale, ecc. Quindi stiamo sperimentando come intrecciare meglio le diverse dimensioni, compreso il digitale della nostra vita».
L’economia italiana è stata colpita al cuore dal Covid-19. Uno shock che viene dall’esterno, e che rischia di provocare una depressione prolungata con un aumento drammatico della disoccupazione e un crollo del benessere sociale. Come agire, affinché il nostro Paese possa affrontare adeguatamente questa fase drammatica e risollevarsi quando l’emergenza sanitaria sarà mitigata?
«Si tratta di spiegare al Paese e non raccontare frottole, come in tanti anni al Paese si racconta, non c’è nessun motore da riaccendere, c’è un Paese che deve attraversare un deserto, per usare un’immagine della Bibbia, nel deserto si fa fatica, è lungo. Però forse possiamo arrivare in un posto migliore. Mettiamoci tutti il cuore tranquillo, abbiamo da lavorare, abbiamo da impegnarci, perché senza questo impegno, senza questo lavoro, i contraccolpi della crisi in corso saranno negativi. Per cui evitiamo di creare aspettative sbagliate, disponiamoci tutti a fare quello che altre generazioni hanno fatto. Dopo un disastro è l’unica cosa che si può fare, è inutile aspettarsi bacchette magiche. Molti posti di lavoro saranno distrutti, ci sarà da gestire questa transizione, si tornerà a crearne di nuovi in settori emergenti. Ovvio che se quelli che stanno bene continueranno a farsi gli affari propri, alla fine li andranno a cercare con i forconi. Quindi lavoriamo, perché questo non accada».