La vita alla Mensa dei Frati Cappuccini di Borgo Palazzo, a Bergamo, fa sempre conto sulla Provvidenza, ma nel periodo dell’emergenza Coronavirus ancor di più. Le persone che arrivano per poter avere un pasto sono aumentate, e così anche l’impegno dei frati.
La mensa è aperta nel 1958, è stata ristrutturata nel 2014, ed è intitolata al Servo di Dio fra Alberto Beretta, per anni medico missionario in Brasile, fratello di Santa Gianna Beretta Molla. Ogni giorno, già a metà mattina, varcano la sua soglia fra le 150 e 180 persone. Fra loro ci sono italiani, soprattutto pensionati, e stranieri, di nazionalità slava e soprattutto nordafricana. La loro età spazia dai 18 agli 80 anni.
Prima della pandemia entravano nella mensa per consumare un pasto seduti ai tavoli. Ora, in rispetto delle misure di sicurezza, non si siedono più, ma vi entrano, a debita distanza e a turno, per ricevere un sacchetto viveri. «Anche con l’attuale emergenza del coronavirus — racconta fra Riccardo Corti, lecchese, responsabile della mensa, coadiuvato da alcuni volontari — la solidarietà non si ferma e le porte restano aperte. Non possiamo sospendere l’impegno di aiutare tante persone bisognose che altrimenti faticherebbero o non riuscirebbero ad assicurarsi un pasto giornaliero».
I sacchetti contengono un pasto completo, cioè primo piatto, carne oppure uova, contorno, bottiglietta d’acqua, posate, tovagliolo e in questo periodo anche una fetta di colomba pasquale e cioccolato, oppure una macedonia. Sono numerosi i contributi che arrivano ogni giorno dalle associazioni ma anche da persone del quartiere. I costi sono sostenuti dal Comune di Bergamo e soprattutto da offerte o donazioni di tanti privati. «Possiamo affermare che la mensa cammina grazie alla Provvidenza — prosegue fra Riccardo — che agisce in modo davvero straordinario grazie a tante persone». Prima di Pasqua, per esempio, gli alpini e la Caritas di Seriate hanno donato uova e colombe, mentre altre persone hanno offerto viveri e una scorta di sacchetti di carta.
Straordinario è anche il clima che si respira nella mensa. «I bisognosi che vi giungono non sono chiusi nell’egoismo, non dicono “Io penso soltanto a me stesso, non mi interessano i problemi degli altri — aggiunge fra Riccardo —. Assisto a tanti gesti straordinari di carità. Infatti, è vivo lo spirito di solidarietà che spinge tanti di questi poveri a portare il sacchetto viveri a un conoscente in difficoltà, oppure a chi fatica a camminare, è solo, o a chi non se la sente di entrare nella mensa». E i poveri sentono anche il bisogno di parlare o confidarsi. «Molti ci dicono un bellissimo “Grazie” per la nostra opera — sottolinea fra Riccardo —. Altri ci raccontano delle loro paure di ammalarsi, altri ancora della vita di ristrettezze che conducono. Anche il loro ascolto è un grande servizio. Inoltre, in questi giorni di disagio per tutti, colgo più che mai anche la bellezza dell’impegno dei nostri volontari, in prima fila nel preparare e consegnare i sacchetti».
Fra Riccardo racconta sul suo profilo Facebook la sua vita, i momenti della mensa e le sue riflessioni. «Un giorno — ricorda — ho vissuto un momento speciale. Un ospite, dopo aver ritirato il suo sacchetto, mi ha chiesto di andare con lui in chiesa. Ho lasciato tutto e l’ho accompagnato un po’ incuriosito. Siamo entrati davanti alla tomba di fra Alberto, poi mi ha detto che quel giorno era l’anniversario della morte di suo padre e mi ha chiesto di pregare insieme. È stato bellissimo. Una preghiera e poi ci siamo salutati con una maggiore consapevolezza che i poveri hanno sicuramente bisogno di pane, ma anche e soprattutto di qualcuno che ci sia per loro, anche solo per un attimo. Ed è bellissimo essere loro fratello o amico».